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Quella che leggerete qui di seguito e' un’intervista resa da Enrico
Forti: Ho appreso della morte di Dale Pike nel tragitto tra l’aeroporto di New York e l’albergo Sheraton nel centro di New York. Mi ricordo che chiamai al telefono una persona che doveva essere un tramite per l’incontro con il padre di Dale Pike, Tony Pike e, quando chiamai per avere notizie di Tony, questa signora, era... era abbastanza evasiva. Mi ha detto: «No, Tony non c’e', non so se arriva comunque se ho notizie di lui ti richiamo, tra dieci quindici minuti ti faccio sapere». Ho pensato che non fosse gran cosa e dopo cinque, dieci minuti ho richiamato. La stessa persona mi rispose, mi disse: «Ma Chico, guarda, c’e' qualcosa che devo dirti, non sei al corrente che hanno trovato il figlio di Tony, morto, a Miami?». Io sono rimasto sorpresissimo. Mi disse che c’era un sergente della polizia di Miami, il detective Carter, che voleva parlarmi. Io misi giu' il telefono e chiamai la prima persona che mi venne in mente… chiamai il detective, il capo detective della sezione omicidi della polizia di Miami, che aveva lavorato con me precedentemente. Era il detective Schiaffo. Gli dissi: «Guarda che ho avuto notizia che il figlio di Tony Pike e' stato trovato morto. Per favore se ti posso richiamare fra cinque minuti… cerco di sapere qualcosa… tu allo stesso tempo, vedi se puoi sapere qualcosa per parte tua e ti richiamo nel giro di cinque minuti». Poi, allo stesso tempo, richiamai la persona che mi aveva dato la notizia. Le chiesi se, per cortesia, poteva prenotarmi immediatamente un volo di ritorno per Miami e, quando lei mi disse di si', allo stesso tempo io, al telefono, cercai di prenotare. Credo che fra le due persone… sono riuscito io a prenotare il volo prima di lei. Praticamente… sono rimasto nel taxi per quarantacinque minuti. Sono ritornato con il taxi verso l’aeroporto di “J.F.K.”, l’aeroporto Kennedy, quando mi e' arrivata la conferma che avevano trovato un volo sull’American Airlines, che partiva dal “La Guardia” Airport e non dalla “J.F.K.”. Quindi chiesi al tassista, per cortesia, di portarmi al “La Guardia”. Ho chiamato la persona che dovevo incontrare allo Sheraton, che era una persona con cui dovevo trattare uno show musicale che dovevamo realizzare. A quest’ultimo dissi che, purtroppo, avevo avuto una terribile notizia e dovevo rientrare a Miami. Allo stesso tempo richiamo questa donna che si chiamava, credo, Fredericks, e le dico: «Guarda, cerco di contattare la mia famiglia; se senti… se hai notizie di Tony, per cortesia digli di chiamarmi al mio cellulare. Rientro adesso col primo volo che posso». Mi dice: «Va bene. Faccio da tramite». Col taxi arrivo al “La Guardia”, prendo il volo, chiamo Gary Schiaffo un’altra volta e gli chiedo, per cortesia, di andare a prendere mia moglie, con la bambina (mia moglie era incinta a quel tempo)… di andare all’aeroporto e di essere al punto di sbarco del volo della TWA a prendere Tony Pike e accompagnarlo alla stazione della polizia di Miami, che io sarei arrivato di li' a poco e che, pervenuto a Miami, sarei andato alla stazione di polizia con loro. Chiaramente, la mia intenzione era di andare a collaborare perche' ero in stato di shock. Per un insieme di cose, tipo ritardi tecnici, arrivai all’aeroporto di Miami prima del volo di Tony Pike. Quando arrivai, Tony non c’era. Mia moglie era rimasta ad aspettare per circa un’ora… un’ora e mezza. Gary Schiaffo al telefono mi ha detto: «Guarda… e' inutile che sta ad aspettare, quando rimane all’aeroporto puo' rimanere con la polizia dell’aeroporto, ma se non si sente sicura puo' rimanere a casa, quando arrivi all’aeroporto, se incontri Tony Pike richiamami». Quindi arrivai all’aeroporto e, immediatamente, andai al porto di sbarco della TWA dove il volo di Tony Pike doveva arrivare. Aspettai… quarantacinque minuti… un’ora. Il volo che arrivava da New York… che doveva arrivare da New York… arrivo'. Tony non era sull’aereo. E, allora, chiesi alla hostess (che per il resto conoscevo perche' io ero un frequent traveller, prendevo i voli della TWA per convenienza), le dissi: «Guarda, sto aspettando questa persona… sono molto preoccupato. Dovrebbe essere su questo volo. Dovrebbe essere gia' arrivato, non c’e'». La hostess mi disse: «Guarda, Chico… non so cosa dirti. Ha fatto la carta d’imbarco, dovrebbe essere sul volo ma… non c’e'». Quindi le chiesi di darmi una lista degli alberghi convenzionati con la TWA, chiamai tutti gli alberghi, il Marriot, Sheraton, l’Holiday Inn. Tutti gli alberghi a New York che sono convenzionati con la TWA, pensando che, stanco del volo dalla Spagna, si fosse fermato a riposare a New York e da New York poi avrebbe preso il primo volo per venire a Miami. E nessuno sapeva nulla. Dopo un paio di ore, a notte inoltrata (credo fossero quasi le due di mattina), rientrai a casa mia. Nel frattempo avro' chiamato circa una ventina di volte la stazione della polizia cercando di contattare questa detective Carter… e avevo sempre la stessa risposta: non c’e', non e' qui al momento ma lasceremo il messaggio. Dico: «Guardi… il motivo per cui chiamo e' perche' mi ha chiesto di chiamare». Continuo a passare la notte a chiamare tutti gli alberghi che riesco a chiamare per vedere se ho qualche notizia di lui, nessuno sa nulla. La mattina dopo chiamo la stazione di polizia e mi dicono: «Guarda, se per cortesia puoi venire alla stazione di polizia, questa sera, dovremmo chiederti alcune cose…». Ho detto: «Non c’e' nessun problema, vengo». Sotto loro richiesta, non e' che sono andato alla stazione di polizia, loro mi hanno chiesto di andare. E sono andato alla stazione di polizia… Quando sono andato alla stazione di polizia la prima cosa che mi hanno detto e' che avevano trovato il corpo, oltre al figlio, avevano trovato il corpo di Tony Pike in una stanza d’albergo a New York, denudato, ucciso, e in quel momento mi sono sentito... perso, forse un misto di shock, paura, dubbio. Il fatto che il figlio doveva venire a trovarmi e l’hanno trovato morto… il padre doveva venire a trovarmi, sono appena rientrato da New York, e l’hanno trovato morto… il fatto che potevo essere io la terza persona in linea o mia moglie, o uno dei miei bambini… la domanda che mi fecero alla polizia fu se ero andato a prendere Dale Pike all’aeroporto e, il punto miliare di tutto il loro processo… della mia bugia, con i due minuti o i trenta secondi di tempo per pensare gli dissi che non l’avevo preso all’aeroporto… E questo fu l’errore piu' grande che ho fatto. A mio parere… io credo che molti avrebbero fatto la stessa cosa di fronte a una situazione di questo tipo. Io credo che loro, volutamente mi hanno mentito, per creare una situazione e di sconforto e… li' e' iniziata la mia odissea…
Risponde al vero la circostanza che il giorno quindici di febbraio del 1998 vi fu una chiamata telefonica tra te e Dale Pike?
Il quindici di febbraio con Dale Pike? Il quindici di febbraio… l’unico contatto che ho avuto, prima di incontrare la persona fisicamente, fu attraverso il sistema del paging automatico dell’aeroporto. Perche' io arrivai all’aeroporto alle 16:00 o prima delle 16:00. Il volo doveva arrivare poco dopo le 16:00 e… invece, aveva un ritardo di quasi due ore. quindi, alle 16:30 ho cominciato a chiedere al pager system, il sistema di intercomunicazione dell’aeroporto, di chiamare via altoparlante Dale Pike e diedi un punto d’incontro all’uscita del posto d’imbarco. Richiamai via paging alle 17:00, alle 17:20, alle 17:30 fino alle 18:15. Alle 18:15 finalmente, mi dissero che avevano localizzato Dale, e, gli avevano dato le informazioni di incontrarmi al punto di riferimento che avevo dato.
Cosa accadde successivamente?
Incontrai Dale Pike. Non avevo mai incontrato Dale Pike, prima di quel momento… Avevo avuto delle informazioni, sul tipo di persona che era, dal padre. Siamo saliti in macchina. Mi diede immediatamente un’informazione di cui non fui molto contento. Mi disse: «Non ho dormito tutta la notte… abbiamo avuto “sesso incredibile” con due prostitute in Spagna». Pensavo: «e' questa la persona che devo portare a casa mia? Con mia moglie incinta? Con i miei figli? Con il tipo di vita completamente differente?». Allora ho detto: «Troviamo una soluzione…». Pensavo di portare Dale in un albergo o si pensava in un posto che lui preferiva se non voleva l’albergo vicino all’hotel. Usciti dall’aeroporto mi chiese di potersi fermare in una stazione di servizio ad acquistare delle sigarette. Ci fermammo alla stazione di servizio ad acquistare le sigarette, fece una telefonata, rientro' nella macchina e io gli chiesi se, per cortesia, poteva fare velocemente, che c’era un problema, che avevo mio suocero che arrivava allo stesso tempo, alle 19:00 a Fort Lauderdale, a circa un’ora di macchina da Miami, e… se non era un problema per lui perche' ero estremamente in ritardo. Gli spiegai che, purtroppo, l’appartamento dove lui doveva stare con il padre era occupato da mio suocero e, quindi, se non era un problema per lui avrei trovato una situazione di ripiego, una stanza d’albergo dove voleva lui. E lui mi disse: «Guarda… non c’e' nessun problema, ho gia' parlato con Tom Knott – e fu li' una grossa sorpresa per me perche' pensavo che Dale non avesse nessun tipo di contatto con Tom Knott – e preferisco rimanere con degli amici, a Key Biscayne, se mi puoi accompagnare fino a questo punto, di fronte al Rusty Pelican, mi fai una cortesia». Dissi: «Va bene…». Guidai dall’aeroporto al Rusty Pelican, credo che ci fossero venticinque minuti di viaggio. Arrivai al Rusty Pelican, di fronte al Rusty Pelican. C’e' un piccolo parcheggio. Mi ha detto che c’era una persona con una macchina bianca che sarebbe stato li' ad attenderlo. Arrivai e c’era una Lexus bianca parcheggiata nel parcheggio di fronte al Rusty Pelican. Il finestrino era abbassato. La persona nella macchina, quella stava al posto del conducente era distinta, un misto di latino, libanese, taglio di capelli ben fatto, orologio d’oro, catena d’oro, una camicia elegante rivoltata sopra il braccio, abbronzato, occhi scuri, profondi, quindi, non fui colpito dal fatto che fosse un barbone o una persona… sembrava una persona molto… molto presentabile. Lasciai Dale. Lo aiutai a prendere la borsa che aveva nella macchina. Mi disse: «Per cortesia, non dire nulla a mio padre. Ci rivediamo fra tre giorni». Sali' nella macchina. Partii immediatamente verso Fort Lauderdale perche' ero gia' in ritardo di un’ora a prendere il papa' di mia moglie. Arrivato all’aeroporto, presi il papa' di mia moglie e i suoi bambini. Rientrai a casa, mangiammo… credo che la cena fosse un piatto di spaghetti o qualcosa di italiano. Al papa' di mia moglie piaceva il mangiare italiano – come a tutti credo – e cosi' fini' la giornata.
Ricordi se durante il viaggio Dale Pike fece o disse qualcosa di strano?
Ma… le cose strane furono… si'… Dale… mi colpi' per il fatto… per l’approccio che fece, pur sapendo che il mio stile di vita era completamente differente. In prima istanza il raccontarmi immediatamente delle sue imprese sessuali che forse non era una cosa che mi impressionava piu' di tanto… in secondo luogo mi chiese se fumavo marijuana (non accuso chi fuma la marijuana ma non e' il mio stile) e poi il fatto che non voleva che il padre sapesse che andava a Key Biscayne a casa di amici di Thomas Knott invece di stare con me a casa mia, io non la vissi come una gran cosa, pensai non fosse una gran cosa e… altre… incongruenze… Qualcosa che mi colpi'? Si' il fatto che mi disse di voler fare… di voler lavorare nella televisione, che aveva uno scritto di una cosa tipo Stargate… Era una persona un po’ che andava da un punto all’altro e, credo, che era stanco del viaggio e anche forse un po’ fumato.
La tua macchina, pochi giorni dopo quell’incontro, fu lavata. Ricordi perche' l’auto fu lavata, perche' ed in quali circostanze?
La macchina… la mia macchina veniva lavata ogni settimana. Circa a meta' della settimana. Non fu lavata il giorno dopo, fu lavata… credo tre o quattro giorni dopo… era la domenica e credo che venne lavata o il mercoledi' o il giovedi'. Ma si tratto' di un lavaggio che era un lavaggio di routine che facevamo ogni settimana. Fu mia moglie che la porto' a lavare perche' era sempre lei che la portava a lavare.
Puoi chiarirci come mai la sera dell’omicidio fu registrata una tua chiamata, alle 19:15 circa, su una cella telefonica vicina al luogo in cui Dale fu assassinato?
Si' la telefonata fu fatta – se non sbaglio – alle 19:15 di sera. Feci la telefonata appena lasciai Dale Pike nel parcheggio del Rusty Pelican.
Tu sei un appassionato windsurfista e conosci bene le zone di Miami dove si pratica il windsurf. Il corpo di Dale e' stato trovato proprio dove i windsurfisti si allenano. Per la polizia questo era un indizio grave. Eri mai stato in quella spiaggia? Vi sei ritornato con la polizia di Miami dopo il ritrovamento del corpo?
No… no… ma io conoscevo questa… si chiama Sewer Beach. Il vero nome e' Virginia Beach. e' la spiaggia dei surfisti di Miami. Un’incredibile coincidenza che questa persona che viene a trovarmi, viene lasciata senza vita, denudata, in una spiaggia di surfisti, sapendo che io sono un windsurfista. Viene denudata, viene rimosso ogni capo di vestiario che questa persona ha, con l’eccezione della carta d’imbarco, con nome, cognome, data di nascita, porto d’imbarco e porto di destinazione. L’unica cosa che mancava credo fosse un biglietto con scritto: «In caso di morte contattate Chico Forti» perche', ancora non posso credere che i prosecutors dello Stato della Florida si rendano… o pensino che una persona possa essere colpevole di un reato, agendo in questo modo. Cioe'… se io avessi avuto alcuna intenzione, per qualsiasi motivo, di volere Dale Pike morto, l’ultima spiaggia che avrei scelto sarebbe stata una spiaggia di windsurfisti, sicuramente non sarei stato io la persona ad andare a prenderlo all’aeroporto, e se mi prendevo la briga di rimuovere tutti i vestiti, sicuramente avrei rimosso qualsiasi tipo di forma d’identita' che puo' identificare la persona. Ma, purtroppo, durante gli interrogatori con la polizia, queste osservazioni non hanno trovato nessun riscontro.
Parleremo, adesso, di Thomas Knott. Vorrei per il momento conoscere se dopo l’incontro con Dale Pike tu hai avuto modo di vedere Knott o di parlargli…
Eh… visto personalmente no. Chiamo' piu' volte… Mi ricordo che Tom ha cercato di… dopo che lasciai Dale Pike al parcheggio del Rusty Pelican mi ricordo che Tom piu' volte cerco' di contattarmi telefonicamente e… per un motivo o per l’altro non ci siamo parlati. Lascio' un messaggio a mia moglie, mia moglie mi disse che al telefono era agitato, preoccupatissimo. Mia moglie – devi sapere – che non amava Tom Knott. Anzi, non lo voleva assolutamente nemmeno in casa, non era molto contenta di ricevere telefonate da Tom Knott. Non era contenta che mi cercasse. Ma… l’unico contatto con Tom e' stato via telefonica e indiretto. Non abbiamo, se non sbaglio… non abbiamo parlato, dopo l’incontro con Dale.
In ordine al tuo rapporto con Tony Pike e, segnatamente, a cio' che riguarda il contratto relativo all’acquisto dell’albergo. Ricordi quali informazioni hai dato alla polizia di Miami?
Le informazioni che sono state date sono a puro vantaggio della polizia di Miami. La transazione dell’albergo fu… semplice, precisa, senza nessun tipo di complicazioni. Fu voluta da Tony Pike. Tony Pike spinse, e mi convinse, a fare l’affare dell’albergo, non era un onere finanziario fuori misura. Una transazione molto semplice, molto pulita, fatta da un notaio in Spagna e come in Italia, un notaio e' una figura di rispetto, una figura molto seria e… la polizia ha cercato in tutti i modi, in tutti i modi… di vestire o di colorare questa immagine come fosse la truffa del secolo o la persona che cerca di trarre vantaggio, prendendo un albergo che vale moltissimo per una pipa di tabacco. Ma il quadro reale era completamente l’opposto. Tony Pike aveva creato questo albergo da una fattoria se non sbaglio e gli ultimi sei, sette anni di vita di questo albergo erano… a livello bancarotta. L’albergo lavorava a stento, ripagava le spese a stento. Tony aveva un sistema manageriale dell’albergo che sicuramente non portava il bilancio in attivo, Tony non vedeva l’ora di passare meta' della sua vita, l’estate, la primavera ad Ibiza, e poter passare l’autunno e l’inverno a Miami. La parte finanziaria… la trattativa dell’albergo fu molto semplice. Un precontratto che fu fatto a Miami, nel gennaio del 1998, dopo che avevo fatto due viaggi ad Ibiza visionando tutti i libri di bilancio, tutti i libri contabili, tutta la parte economica, i contatti con le banche… L’accordo era molto semplice. Prevedeva un cambio di due delle mie proprieta' a Williams Island e una cifra, parte in denaro, parte in contributo spese per duecentomila dollari. Il secondo contratto fu… formalizzato da un notaio qui a Miami e poi Tony mi fece presente che, per la legge europea, come in Italia per il resto, in Spagna come in Italia, il contratto doveva essere fatto di fronte a un notaio in Spagna e, quindi, mi chiese di andare di fronte al suo notaio, in Spagna, una persona molto… molto… molto onesta... e partimmo da Miami. Il viaggio fu Miami, Miami-Barcellona, Barcellona-Ibiza e la visita fu prima dal commercialista di Tony Pike. Il commercialista mi chiese se fossi interessato, se avessi saputo com’era la situazione del bilancio, gli risposi che avevo visto i libri, che sapevo esattamente quello che stavo acquistando… andammo dal notaio German Le'on Pina, il notaio di Ibiza. Di fronte al notaio stipulammo un contratto di vendita dalla societa' di Anthony Pike che si chiamava “Can Pep Tuniet” ad Enrico Forti come persona singola. Quello ufficialmente era l’atto di vendita della proprieta' dell’albergo, ad Enrico Forti. La struttura finanziaria di proprieta' dell’albergo di Tony Pike era fatta in modo da poter “salvare” o “evadere” le leggi come si voleva e non pagare le tasse della normativa spagnola. Quindi il cinque per cento della societa' proprietaria dell’albergo era registrato come societa' spagnola, il novantacinque per cento era una societa' delle Jersey Island, una societa' offshore che aveva una quota proprietaria nell’albergo… una struttura non spagnola. Ma gli effetti di proprieta' dell’albergo, l’unica autorita' proprietaria era la Can Pep Tuniet dal momento che la Spagna non riconosce una proprieta' che non e' su territorio spagnolo, come in Italia, credo. La trattativa fu semplice, firmammo il contratto. Credo che tutto prese venticinque minuti di fronte al notaio, una volta usciti dall’ufficio del notaio andammo in banca, ad aprire un conto dove potevo versare dei fondi per permettere a Tony di poter avere un minimo di attivita'… “di aria”… perche' i fondi erano a zero, sottozero. Il giorno dopo ritornammo dal notaio, perche'… chiesi alla banca di poter lasciare Tony come manager e la banca mi dice: «Guarda, Chico, che se tu non dai l’autorizzazione notarile, come nuovo proprietario, non dai un’autorizzazione notarile a Tony come manager per poter gestire l’albergo, lui non puo' eseguire nessuna transizione finanziaria». Quindi il primo… il giorno dopo, ritornammo dal notaio e io firmai un’altra autorizzazione dove permettevo a Tony di avere accesso alla parte finanziaria, ai conti dell’albergo e di poter eseguire la sua funzione manageriale. Credo – se non sbaglio – che pose un limite di spese di cinquemila dollari. Adesso e' passato cosi' tanto tempo che non ricordo, ma il notaio non ebbe nessun problema. Tornammo in banca, portammo il documento del notaio per completare. E la transazione fu completa.
A quando risale il tuo primo arresto? e' stato per truffa?
Il mio primo arresto fu, se non sbaglio, nella notte del 20 di febbraio. La motivazione dell’arresto fu per frode, associato a Tom Knott. Frode e, se non sbaglio, frode nei confronti di un cittadino americano, al di sopra dei cinquantamila dollari. Era un’accusa completamente non realistica. Loro fin da quel momento avevano gia' intenzione di cercare di processarmi con l’accusa di omicidio. Ma non avendo nessun tipo di prova o nessun tipo di evidenza, non avendo abbastanza “munizioni a lato” decisero di mettermi in una cella frigorifera fino a quando erano pronti a fare il resto, il vero resto. La frode non aveva nessuna motivazione, fu fatta cadere, 18 mesi dopo il primo arresto. Fui nuovamente arrestato il 20 o il 21 di febbraio… fra la notte del 20 e il 21 di febbraio. Venni rilasciato circa una settimana dopo. Avevo un sistema di telecontrollo. Mi imposero gli arresti domiciliari per circa due mesi. Dopo fui libero di viaggiare, viaggiavo regolarmente, in California, Nevada, Texas. Ero libero di viaggiare, non avevo nessun tipo di limitazione. Quando poi fui arrestato nuovamente dissero che ero… un risk of fleet, rappresentavo un rischio perche' potevo lasciare lo Stato, se avessi voluto lasciare gli Stati Uniti avrei potuto farlo in qualsiasi momento, dopo il primo arresto, e prima che loro venissero ad arrestarmi nuovamente.
Dalle carte del processo sembra proprio che questo Tony Pike fosse un tipo molto debole al quale si potesse far fare cio' che si voleva. e' vero questo?
La polizia ha “fatto una sceneggiata” anche sulla malattia di Tony Pike. Tony Pike ha conosciuto decine e decine di persone qui a Miami, il senatore Steinberg, i proprietari dell’isola di Williams Island, la mia famiglia ed altri e nessuno… si', una persona anziana di sessant’anni, magari dopo il viaggio poteva essere stanca. Ma la persona era acuta, intelligente, una persona che, tutto sommato, aveva una storia molto, molto interessante, ma mai a nessuno di noi ha dato segni di avere una forma, come dichiarato dalla polizia, di demenza. Tony disse a me e alla mia famiglia e ad altre persone che aveva una forma di infezione che aveva preso, credo, o da un morso di topo… credo fosse leshmaniosi questa e' l’unica cosa che seppi… ma con Tony Pike fummo all’ospedale perche' un giorno non si sentiva molto bene e Tony fu analizzato per tre ore da una nurse professionista, un’infermiera professionista, da un medico professionista… hanno fatto un check up totale e lo trovarono perfettamente sano di mente, con una forma fisica decente. Quindi se loro, che la loro professione era nel settore medico, non riscontrano che questa persona ha demenza, non credo che una persona normale sia capace di leggere nella mente o nella scheda medica di una persona e riscontrare cose che non appaiono fisicamente. Fisicamente non sembrava una persona che avesse una malattia grave.
Risulta dagli atti che Dale Pike avesse una delega per concludere il contratto…
Dale non aveva nessun tipo – e metto enfasi in questo – nessun tipo di rapporto o di voce nel discorso dell’albergo. Non era nella struttura dell’albergo, il contratto dell’albergo era gia' stato completato. Quindi, qualsiasi cosa avesse voluto o volesse fare sarebbe stato insignificante, perche' il contratto era stato fatto legalmente di fronte a un notaio. L’unico motivo di Dale per venire negli Stati Uniti era che avevamo deciso insieme al padre, Tony Pike, di celebrare il mio compleanno che era il giorno otto di febbraio e il compleanno di Tony Pike che era forse il venti di febbraio (non ricordo la data precisa) ed invitare Dale Pike. Dale viveva in Malesia a quel tempo. La sua compagnia era andata in bancarotta. Il padre mi chiese se potevo aiutarlo, a ritornare in Spagna. Pagai il biglietto dalla Malesia alla Spagna, dalla Spagna poi, dopo due settimane gli pagai poi il biglietto per venire, dalla Spagna a Miami. L’unico motivo del viaggio di Dale era un motivo di fare una settimana, dieci giorni di vacanza prima di incominciare a lavorare in una posizione molto semplice, molto umile nell’albergo. Credo che, ironicamente, fui io che chiesi al padre di dare una seconda chance a un figlio che egli praticamente non considerava piu' come un figlio… una chance per potere lavorare nell’albergo e, in qualche modo, potere avere una fonte per vivere.
Nella sua requisitoria finale l’accusa ha sostenuto che prima dell’arrivo di Dale Pike la tua condizione economica a Miami non fosse cosi' solida e che il tuo ultimo reddito risalisse addirittura all’anno 1995. e' vera questa circostanza?
Io spero che possano venire alla luce le menzogne gigantesche che l’accusa ha fatto. L’accusa aveva in mano assegni per centinaia di migliaia di dollari. Sapeva benissimo che ero proprietario di dieci appartamenti, direttamente o indirettamente a Williams Island. L’accusa sapeva che la mia situazione finanziaria era solidissima e ha avuto l’impudenza di influenzare la giuria dicendo che questa era la situazione per me ideale per poter sopravvivere… una marea di menzogne. L’accusa aveva appena intervistato la Presidente dell’Istituto Nazionale per la difesa personale (che e' un istituto che lavora con la polizia) ed io avevo realizzato un video per loro, sulla difesa personale. Un video finalizzato ad evitare il sequestro e la rapina soprattutto ai danni delle donne. Solo per quel lavoro vi era un assegno… un anticipo pari a venticinquemila dollari. Poi c’era un altro assegno finale per altri venticinquemila dollari, quindi cinquantamila dollari. L’accusatore sapeva che avevo appena ricevuto cinquantamila dollari per un filmato pubblicitario con una ditta di mute da windsurf. Le cose di cui erano a conoscenza le hanno tenute segrete e le informazioni che hanno dato alla giuria avevano solo lo scopo di potere influenzare la giuria, erano dirette alla mia condanna. Perche', se l’accusatore e' riuscito a farmi condannare, lo ha fatto in quei trenta, quaranta minuti della requisitoria finale dove ha detto alla giuria per venti o trenta volte che ero un bugiardo e che non potevano credere a un bugiardo. La mia situazione finanziaria era terribile? Una marea di menzogne… Nel processo americano, dopo l’arringa finale dell’accusatore, non avevamo la possibilita' di ribattere. Quindi, le ultime impressioni che la giuria ha avuto sono le parole di menzogna e non di verita' e cio' – a mio avviso – va al di la' di qualsiasi tipo di logica di giustizia.
Perche' negli atti del processo e' registrata la circostanza del tuo terrore per ritorsioni che Thomas Knott avrebbe operato nei confronti tuoi e della tua famiglia?
Immediatamente feci il nome di Knott. La mia prima e genuina intenzione era di parlare di Knott. Una specie di Dr. Jekyll e Mr. Hyde, una persona incredibile… Il mio primo contatto con Tom Knott fu nell’estate del 1997, fu introdotto come un ex professionista di tennis, il fatto che viveva a Williams Island nell’appartamento sotto il mio, mi tolse qualsiasi tipo di dubbio perche', per poter vivere in questo gruppo residenziale, c’era un severo scrutinio e un check up del passato della persona. Quindi, non avevo nessun dubbio sul fatto che la persona fosse una persona perbene. Affabile, sempre ben disposto con la mia famiglia… pronto ad aiutare i miei bambini… sempre gentile. Questa e' la persona che io ho conosciuto nell’estate del 1997. Nell’autunno dello stesso anno mi resi conto che questa persona aveva degli aspetti che erano… la realta' era all’opposto. Non aveva fonte finanziaria, aveva sempre bisogno di soldi, non aveva un mezzo per muoversi, doveva sempre utilizzare la mia macchina. In qualche modo, in un momento o nell’altro, dovevo sempre aiutarlo economicamente. Viveva come un parassita. La sua specialita' era imbrogliare la gente. Aveva la tendenza ad usare le carte di credito di altre persone. Tutto quello che io avevo conosciuto di Tom Knott era mia intenzione consegnarlo alla polizia come informazione. Il fatto che avesse defraudato Tony Pike per centinaia di migliaia di dollari, indubbiamente mi ha fatto pensare che lui avesse qualcosa a che fare con questa morte. Quindi, quando poi ammisi alla detective Carter che: «Si', io ho preso Dale Pike all’aeroporto…». Allo stesso tempo dissi: «Questo e' quello che conosco di Tom Knott…». Diedi tutte le informazioni che al momento pensavo fossero utili per la loro l’indagine.
Adesso porro' delle domande per le quali desidero avere una risposta secca. Hai ucciso tu Dale Pike?
Assolutamente no.
Hai mai considerato la possibilita' dell’omicidio?
Assolutamente no. Non c’era motivo per me di togliere la vita al figlio di una persona che consideravo un amico.
Hai mai mentito?
Ho mentito perche' loro mi hanno mentito. Mi hanno messo in una situazione di paura, in una situazione dove senza l’appoggio di un avvocato, senza l’appoggio di un legale, dovevo dare una risposta che avrebbe potuto compromettere la mia vita. Ho fatto uno sbaglio, nel mentire, ma credo che chiunque, nella situazione in cui ero, in quel momento specifico, con le accuse e con il fatto di avere due persone, entrambi, che vengono a visitarti, trovate morte, uccise, denudate, ti fa pensare sulla risposta che puoi dare. E magari pensi anche alla tua incolumita' e al fatto di potere consigliarti con un avvocato, prima di rispondere.
Perche' non hai testimoniato contro Knott?
Non ho testimoniato contro a Knott perche' – puo' sembrare ironico – il prosecutor mi ha fatto una proposta e mi ha detto: «Testimonia contro Knott… tu puoi avere indietro la tua vita… puoi vivere… puoi vivere come nulla fosse passato, rimanere negli Stati Uniti, fare la tua vita normale… Aiutaci a incastrare questa persona…». Ebbene, l’accusatore non aveva bisogno di farmi questa proposta perche' tutto quello che sapevo di Knott gliel’ho detto. Diedi tutte le informazioni di cui ero al corrente. Non c’era bisogno di farmi un’offerta per dargli ulteriori informazioni, perche' l’avrei fatto comunque. Ma se il fatto che la mia liberta' era legata a mentire e mandare una persona sulla sedia elettrica (pur sapendo che era una persona che non stimavo, che sapevo che era un filibustiere, che sapevo che era una persona di poco conto, che sapevo che forse era anche un criminale) non e' nella mia indole. L’accusatore Rubin praticamente mi ha detto: «Aiutaci ad incastrare questa persona ed avrai indietro la tua vita…». E non e' il mio stile di vita di…
Rubin, la pubblica accusa cosa ti ha risposto?
Mi ha risposto: «No… sono assolutamente certo che lui non ha commesso il crimine. Ma sono certo che sa chi l’ha commesso e per questo gli pongo pressione». Con che coraggio, come puo' dormire una persona che sa che condanna un innocente pur di ottenere il suo scopo… Questo e', e' difficile da digerire…
Perche' hai permesso che Knott utilizzasse la tua carta di credito per l’acquisto di due armi al negozio “Sports Authority”?
Anche qui c’e' un’imprecisione nelle informazioni. Un giorno sono andato con Tom Knott in questo negozio. e' un grande negozio di articoli sportivi, che si chiama “Sports Authority”. Avevo comprato un wake board, alcuni oggetti per i bambini e delle cose che mi servivano. Allo stesso tempo Tom Knott era in un altro settore e stava guardando delle cose e… mi disse che voleva prendere uno skit, un sistema per poter mettere su una barca che aveva affittato i piattelli da lanciare per fare il tiro al piattello in mezzo al mare. A quel tempo era… ancora non era evidente la vera personalita' di Tom Knott… quindi non avevo motivo per dubitare. Quando si tratto' di pagare… di firmare il formulario che si deve firmare per acquistare… compro' una carabina e una pistola calibro .22. Mi disse che era per il tiro a segno. Mi disse: «Guarda Chico, non ho i soldi, ho dimenticato la carta di credito… se mi paghi con la carta di credito ti ripago… Domani, dopodomani. Era un modus vivendi, perche' gia' era accaduto per le altre cose, per la macchina, per la benzina, per andare al supermercato, quindi per me non era una cosa al di fuori del normale… Quindi pagai per le mie cose, pagai per le sue cose, con la carta di credito, non e' che prestai la mia carta di credito a Tom Knott, questa e' la realta'.
Come mai non sei riuscito ad allontanare questa persona che hai descritto come un parassita e che approfittava in questo modo?
Perche' questa persona era eccezionale… io credo che avesse truffato oltre trenta miliardi di lire… all’epoca… in Germania. Direttori di banca, responsabili comunali, sindaci, personaggi del mondo dello spettacolo… questa persona era un Dr. Jekyll e Mr. Hyde, aveva una capacita' di mutare… mi ricorda tantissimo Cunanan, perche' aveva la capacita' di… mimetizzarsi. La capacita' di trasformarsi e di conquistare la gente. E, poi, vivendo a contatto con lui quotidianamente mi resi conto del fatto che non aveva mai fondi economici. Ma quando ebbi piena percezione delle cose il rapporto con lui era completamente cambiato.
Ti viene in mente qualcosa che possa essere di aiuto al tuo caso?
Vediamo se riesco a raccontarlo questo… Non fu Tom, che mi presento' direttamente Tony Pike, Tom cerco' di presentarmi Tony Pike, ma chi conobbe Tony Pike fu mia moglie e i miei bambini in piscina, giocando con lui, interagendo con lui. Fu mia moglie che mi disse che era una persona abbastanza intelligente… che aveva un passato molto simile al mio. Tom Knott aveva cercato piu' volte di convincermi a conoscere questa persona, ma siccome era l’autunno del 1997, gia' sapevo che Tom non era la persona da prendere in considerazione. Tutto quello che veniva da Tom, io lo prendevo con una certa diffidenza… Pero', vedendo che mia moglie mi diceva: «No… guarda, e' una persona abbastanza intelligente, e' una persona con cui si puo' parlare»… Cosi' conobbi Tony Pike di persona, parlammo, e.. l’impressione mia era un’impressione decente… molta analogia con il mio tipo di vita. Viaggiatore, navigatore.. vissuto in Australia, vissuto nel Sud America, vissuto nel sud della Francia, intraprendente… C’erano degli aspetti molto interessanti e mi domandavo come poteva essere amico di Tom… Lui mi disse: «Guarda che la mia amicizia con Tom e' completamente superficiale...». Quello fu il fatto che mi convinse ad accettare l’idea di acquistare l’albergo perche' se io avessi saputo che il loro rapporto era stretto, non avrei mai preso in considerazione l’albergo. Parlai con Tony Pike e gli dissi: «Guarda Tony, molto sinceramente, se Tom non ha nulla da spartire con quest’affare sono interessato… se Tom ha qualcosa a che fare, non mi interessa». E Tony Pike mi disse: «Assolutamente no. Tom non ha nulla a che fare… non ha nessun tipo di contratto con me e preferisco cosi'». Ebbene, dal momento che io e Tony Pike tagliammo Tom Knott fuori dal business, in quel momento, Tom Knott si trasforma in una vipera che e' stata calpestata, la persona che e' tagliata fuori dalla gallina dalle uova d’oro. Mi resi conto che avrebbe cercato di fare il possibile per sabotare questa operazione finanziaria. Per questo sono convinto, al cento per cento, che Tom ha una parte importantissima in questo setup, in questa fabbricazione di prove. Lasciare il corpo di Dale Pike morto, su una spiaggia di surfisti e lasciare un documento d’identificazione dal quale perfettamente si puo' risalire a me… Egli era l’unico al corrente, oltre a me e al mio avvocato, del fatto che Dale dalla Spagna arrivava negli Stati Uniti perche' nessun altro poteva essere al corrente di questo. Era una persona che sapeva come muoversi, sapeva come muoversi bene nel male.
Che cosa avrebbe ricavato dalla morte di Dale Pike?
Beh… Dale Pike e Tony Pike… sarebbero andati dal mio avvocato Paul Steinberg a fare un’azione legale per oltre centomila dollari di frode di carte di credito rubate, falsi trasferimenti dal conto di Tony Pike… Tom Knott aveva paura che il suo passato fosse venuto a galla… che le truffe che aveva fatto negli Stati Uniti fossero venute a galla e che avrebbe passato il resto della sua vita in prigione. Quindi, io credo che aveva delle motivazioni gigantesche, non minime, gigantesche, e un interesse enorme, per la morte di Dale Pike. Questo, secondo me, e' stato un errore gravissimo del processo… Dei miei avvocati di prima istanza, purtroppo, io mi sono fidato ciecamente. Hanno parlato di Tom Knott, hanno presentato Tom Knott nella parte iniziale e poi –sperando forse che l’accusa chiamasse Tom Knott a testimoniare – non lo hanno chiamato a testimoniare. Io mi sono messo nei panni della giuria, mi parlano di questo Tom Knott, dicono che e' un criminale, ha fatto tutte queste cose, ma non ho occasione di vederlo, non ho occasione di sentire la sua voce, che tipo di persona e'… e' stato uno sbaglio gigantesco. Ho avuto delle disquisizioni con i miei avvocati su come portare avanti il processo. Mi resi conto della mia ignoranza del sistema processuale giudiziario americano. Ho pensato che era meglio fidarmi di chi doveva essere un esperto nel settore.
Ci sono aspetti di questo processo che non sono stati disvelati?
C’e' un fatto interessante… una circostanza relativa a questa signora canadese, una donna importante… dell’alta societa' del Canada francese. Il suo nome e' Helen Desrossiers. Poco dopo il mio primo arresto per frode, si offri' quasi come mediatrice. Lei disse: «Chico… conosco te, conosco la tua famiglia, e' impossibile che le accuse che ti stanno facendo siano vere. Lasciami parlare con Tony Pike» (perche' io avevo avuto dal giudice processuale, un divieto di contattare in modo diretto o indiretto, in qualsiasi maniera, Tony Pike). Ma io avrei avuto piacere di parlare con Tony perche' io so che Tony, nel profondo del suo animo, sapeva che io non sarei mai stato capace di nessun tipo di crimine di questo tipo, tanto meno dell’uccisione del figlio. La Desrossiers mi disse: «Io vado in Canada a breve, parlero' con Tony e se posso faro' delle note, faro' dei remarks, e ti faccio sapere». Beh… fece molto piu' di questo… perche', non richiesta da me, di sua volonta', registro' una telefonata di 45 minuti, dal Canada. Pero', secondo le leggi della Florida, una telefonata non si puo' registrare se una delle due parti non informa l’altra. In questa telefonata ci sono delle cose che sono fondamentali per dimostrare la mia innocenza: 1) il fatto che la polizia disse a Tony Pike che io ero un mafioso; 2) che avevo precedenti penali; 3) che non avevo mai cercato di contattare la polizia; 4) che erano venuti ad arrestarmi a casa mia e che non ero andato di persona alla stazione di polizia; 5) che il figlio era venuto solamente per un viaggio di piacere e per compiere alcuni atti con l’avvocato Steinberg; 6) che il figlio non aveva nulla a che fare con la struttura dell’albergo e che, quindi, non poteva esservi alcun interesse da parte sua nell’albergo; 7) in piu' si evince dalla conversazione telefonica quanto la polizia gli avesse fatto un lavaggio del cervello… Bene… questi nastri relativi alla conversazione, pur a fronte delle continue richieste dei miei primi avvocati, non furono mai ammessi al processo, perche' l’accusa disse che i nastri non erano stati registrati in Canada ma erano stati registrati in Florida e, quindi, il giudice non aveva il diritto di far sentire i nastri alla giuria… Io cercai di battermi il piu' possibile con i miei avvocati, i miei avvocati mi dissero che anche senza quei nastri sarei stato assolto perche' non c’era nulla contro di me. Purtroppo io mi sono fidato della sicurezza al cento per cento dei miei primi avvocati che non hanno mai avuto un dubbio sul fatto che io potessi essere dichiarato colpevole.
Qual e', poi, il conflitto d’interesse dei tuoi legali?
Un gigantesco conflitto d’interesse. Il mio avvocato (che avrebbe dovuto rappresentare i miei interessi al cento per cento) a mia insaputa lavorava per lo State Attorney, ossia per l’accusa. E non per un qualsiasi accusatore, ma per lo stesso organo inquirente, la stessa persona fisica che agiva contro di me in questo processo! Se io avessi saputo questo all’inizio non avrei mai – ribadisco – mai preso questo gruppo di avvocati a rappresentarmi. Quando l’ho saputo e' stata una spada nel cuore. Il mio legale pensava che non sarebbe mai venuto a galla… ma per un insieme di circostanze siamo venuti a saperlo... e' stato un errore gigantesco. Se posso aggiungere una cosa… si pensi che uno dei principali testimoni dell’accusa era il notaio German Le'on Pina. Il notaio che fece il contratto per l’acquisto dell’albergo. Quindi, il pubblico ministero incontro' il notaio Pina ad Ibiza e gli chiese della transazione. Rientro' a Miami e lo mise sulla lista dei testimoni dell’accusa. Circa quattro o cinque giorni dopo, il notaio invio' una lettera ai miei avvocati dicendo che quale notaio e rappresentante della legge in Spagna, era disgustato del tipo di ricerca che aveva fatto Rubin ad Ibiza, perche' non era una ricerca sulla verita' o sui fatti ma era, in tutti i modi, a tutti i costi, cercare qualcosa che potesse inchiodare Forti. Quando ho ricevuto questa lettera mi sono sentito chiaramente molto contento perche' ho pensato: «Questo e' un testimone dell’accusa e di fronte alla giuria distruggera' la motivazione dell’accusa». Naif e ignorante del sistema giudiziario americano, mostrai la lettera al mio principale avvocato della difesa, che mi disse: «Questa dichiarazione e' fantastica per noi… pero', Chico, devo mostrarla all’accusa… mi disse, guarda, dobbiamo farla vedere a Rubin perche' Rubin deve essere informato di questo». E io dico: «Ma sei sicuro? Se lo facciamo vedere a Rubin io sono sicuro che Rubin cerchera' di fare il possibile per toglierlo dal suo gruppo di testimoni perche' si rende conto che e' negativo…». E lui per tutta risposta: «No. e' la cosa migliore». Ebbene, il giorno stesso in cui ricevetti la lettera o forse due giorni dopo, il mio avvocato fece vedere la lettera a Rubin, e questi cosa fece? Mando' un’altra lettera al notaio, dicendo che doveva tenere in considerazione che se mai fosse venuto a testimoniare a Miami, sarebbe stato sottoposto ad una serie di restrizioni, di limitazioni. Insomma, una lettera molto fredda e molto “sul chi va la'”. Fu cosi' che ricevemmo un’altra lettera da Pina con la quale veniva comunicato che, purtroppo, vi era un clima ostile da parte dell’accusatore. Il notaio rinunciava a venire a Miami per la sua incolumita', per la sua salute. Egli sarebbe stato disponibile a fare una deposizione in Spagna. Uno dei miei assi nella manica veniva a cadere.
Secondo te c’e' un complotto dietro tutto cio'?
Giorno e notte penso alle motivazioni… il perche' di tutto cio'… Se l’accusatore fosse qui glielo direi in faccia e credo che egli non avrebbe neanche il coraggio di guardarmi in viso. Le prove create? La sabbia e' una finzione... La mia macchina e' stata smontata letteralmente in oltre settecento pezzi. e' stata tenuta nel deposito della polizia, analizzata da esperti, in ogni millimetro, in ogni area, dalla parte sottostante dell’interno alla parte esterna, le gomme, gli ammortizzatori. Non hanno trovato nessun tipo di connessione con la spiaggia del morto. Due o tre mesi dopo, il giorno prima della data fissata per la restituzione dell’auto i detective di Miami decidono di guidare la mia macchina. La portano su una spiaggia identica, di composizione identica alla spiaggia dove e' stato trovato il morto. Smontano quindi ancora una volta l’auto e decidono, di punto in bianco, di guardare all’interno del gancio di traino. Attenzione… stiamo parlando di due o tre mesi dopo che la macchina e' stata confiscata. Quindi la macchina guidata, usata… la macchina usata in spiagge diverse. Tolgono l’interno del gancio di traino e trovano tracce solamente della spiaggia del morto, non delle altre spiagge dove io ho guidato il fuoristrada dopo il 15 di febbraio. Non trovano tracce della spiaggia di Koser Beach, non trovano tracce della spiaggia di Hallower Beach, non trovano tracce della spiaggia di Miami Beach, di cinque o sei differenti spiagge dove sono andati… trovano solamente le uniche tracce di sabbia che trovano e sono due granelli di sabbia della spiaggia del morto. Suvvia! e' ridicolo… Poi, tutte le evidenze, tutte le prove,… sono stati molto diligenti a fotografare quattro o cinque volte ognuno di questi particolari, la sabbia? Non esiste nessuna fotografia. Quando, nella fase di indagine preliminare il giudice chiese a … questo detective, come mai su un accertamento tanto importante non erano state scattate fotografie… per tutta risposta il detective disse una menzogna incredibile e il giudice gli disse che stava mentendo. Il detective disse: «Mah… non avevamo una macchina fotografica e non abbiamo potuto farle». A quel punto, io chiesi al mio avvocato di fare una domanda all’altra persona che era con il detective, l’uomo che era con lui era un ex assicuratore. Nessuno, lavorando nel settore delle automobili, e' sfornito di macchina fotografica, solo fosse una polaroid… quindi feci chiedere a quel teste: «Lei aveva con se' una macchina fotografica?». «Si', certo, e' parte del mio lavoro»: questa fu la risposta. Mi ricordo come se fosse ieri cio' che il giudice disse, rivolto al detective Campbell: «Sono amareggiata del livello di menzogna che lei mi ha dato…». Purtroppo, tutto cio' e' avvenuto in fase di indagini preliminari, quando i miei avvocati mi hanno detto: «Usiamo tutte queste carte… perche', Chico, non ti possono portare al processo. Non hanno elementi sufficienti per portarti al processo». Io chiesi ai miei avvocati di tenere in considerazione queste informazioni e questo tipo di dimostrazioni della menzogna della polizia contro di me, per poterle utilizzare con la giuria. Credo che sia stato fatto uno sbaglio gigantesco di non portarle innanzi alla giuria. Io credo che non ci sono giustificazioni. Ho pensato spessissimo, forse questo State Attorney ha pensato che fosse il caso della sua vita e ha voluto mettere il cento per cento di se stesso per riuscire a vincere un caso invincibile. Ma io credo che vanno al di la' di quello che e' la motivazione o l’interesse di successo di una persona. Io non credo che ci possano essere tre poliziotti che spudoratamente vengono a mentire durante la fase di preliminare e durante il processo. Che un accusatore spudoratamente dichiari il falso durante la requisitoria finale del processo e durante tutto il processo. Che il caso, venga poi presentato di fronte a una Corte d’appello, un caso importante, per omicidio, che vuol dire la vita tolta a una persona, ad un individuo, e venga dimesso con una no opinion (ossia senza neppure motivazione ndr). Casi di furto di biciclette, casi di piccola risonanza, hanno una motivazione della Corte d’appello. Il mio caso non l’ha avuta ed e' stato dichiarato improcedibile in cinque secondi. Io credo che ci siano degli interessi che vanno al di la' del fatto del vincere a tutti i costi.
Quali sono questi interessi?
Me lo sto domandando, ogni giorno e ogni notte… Ci sono tantissime concomitanze. Tom Knott... Chi e' Tom Knott? Tom Knott e' la persona perfetta. e' perfetta a farsi amare, per entrare nei favori della gente, per camuffare la sua vera identita'. Tom Knott, indirettamente fu la persona che mi presento' l’ex proprietario della casa galleggiante, dell’house boat dove venne rinvenuto il corpo di Cunanan. Acquistai l’house boat per fare il filmato del caso Versace, perche' Tom Knott mi presento' la persona che era proprietaria dell’house boat. Il fatto che la polizia di Miami, in un modo o nell’altro, avesse interesse a mettere a tacere il caso Versace al piu' presto possibile. Il danno che alla citta' di Miami veniva dalla morte di Versace era gigantesco. Il fatto di potere risolvere il caso Versace e di dire alla stampa del mondo: «Abbiamo risolto il caso, questo e' l’omicida, il caso e' finito. Potete tornare a Miami a fare le vostre vacanze, tutto e' come prima». Ebbene questo non mi ha mai convinto. Forse questo e' stato lo sbaglio piu' grande che ho fatto. Nel mio settore i filmati televisivi sono quello che e' stata la mia vita per tanti anni, gli sport estremi, il windsurf, lo snowboard, i posti da sogno, i delfini… ma quando venni a conoscenza di questa storia fui attratto dal fatto che c’erano tantissime incongruenze. Dal fatto che tante cose erano state presentate alla stampa in modo non chiaro… solo per sistemare le cose. E io credo che in quel momento, quando ho deciso di acquistare l’house boat, quando ho deciso di fare un filmato sulla morte di Versace, quando feci notare che la morte di Cunanan dava spazio a mille interrogativi, diventai un personaggio scomodo. Non posso condannare tutto il dipartimento della polizia. Ma io credo che qualcuno, all’interno del dipartimento della polizia, avesse il preciso interesse di mettere a tacere questa situazione il piu' presto possibile. Il fatto della morte di Versace, delle sue condizioni, cosa fosse la vita di Versace prima… tanti, tanti, tanti dubbi. Sono le cose di cui per la mia incolumita', all’interno di questa prigione forse e' meglio che non parlo adesso… perche' la mia vita equivale a cento, duecento dollari, una persona scomoda puo' essere eliminata in questa prigione in cinque minuti.
Cosa ti da' la forza di alzarti ogni mattina?
La forza di alzarmi ogni mattina? e' la gente che mi e' vicina. Il comitato, i miei amici di Trento, sono stati incredibili nello starmi vicino. Il Consolato, mia moglie e mia madre, tutte le persone che mi hanno dimostrato che credono nella mia innocenza. Il fatto che so – piu' di chiunque altro – che sono innocente. Il fatto che, in fondo in fondo, credo che ci sia una fine anche all’ingiustizia. Il Console che mi e' stato vicino moltissimo sa che potrei chiedere la grazia in qualsiasi momento e, probabilmente, nella mia situazione, potrei chiedere un espatrio e ritornare in Italia. Ma non lo faro' mai. Questa sarebbe un’ammissione di colpa, anche parziale, che non potro' mai fare. Preferisco lottare un altro anno, ho aspettato quasi sei anni adesso, un anno in piu' per dimostrare la mia innocenza, credo che ne valga la pena.
Hai ancora le stelle negli occhi? Gli USA sono ancora nei tuoi sogni?
Ho ancora le stelle negli occhi, si'. Spero di non perdere il mio ottimismo. Ancora racconto le barzellette in prigione, cerco di far sorridere la gente, credo che una persona senza il sorriso non possa vivere. Certo, sono piu' stanco di quando sono entrato in questa prigione, ogni giorno e' piu' difficile, pero' mi rendo conto che tutto sommato mi sveglio la mattina e c’e' gente che sta peggio di me. C’e' gente che muore di malattia, io sono in perfetta forma fisica, tutta la prigione, tutto sommato, mi rispetta… forse per il fatto che gli italiani in America sono tutti considerati mafiosi, forse hanno paura… Credo ancora di essere piu' fortunato di gente che e' in situazioni peggiori della mia.
Che viaggio ti piacerebbe fare adesso se potessi?
Che viaggio vorrei fare? Credo che la risposta non sia molto difficile: poter viaggiare verso il luogo lontano dove si trova la mia famiglia. Poter rivedere, ancora una volta, gli occhi dei miei figli.
Come riesci a sopportare di stare qua dentro e di non vederli crescere?
e' uno dei punti piu' difficili. Sono riuscito a sopravvivere non solamente perche' mi sveglio ogni mattina, alle sette, e vado a lavorare facendo mille lavori differenti. Leggo, mi distruggo fisicamente… esercizio fisico in modo da stancarmi ed arrivare alla fine della giornata per potere andare a dormire… cercando di non avere tempi morti per poter pensare ai miei bambini. Spessissimo cerco di evitare di pensare ai miei figli, per quanto li ami, perche' il dolore e' atroce.
In famiglia siete sempre uniti o c’e' stata una crisi?
Ma la crisi e' naturale. In cinque anni ho visto i miei figli una volta. Non abbiamo piu' le risorse economiche per poterci vedere cosi' spesso, ma io credo che sia piu' importante adesso per i miei figli avere una vita tranquilla, non avere il problema di pensare che il loro papa' e' in una situazione terribile, disastrosa. Sai quante volte ho scritto ai miei bambini, poi ho preso la lettera e l’ho messa da parte.
Hai detto: «Qui in prigione ho scoperto il pianto». Cosa significa il pianto per te?
Prima di questa storia, di piangere mi sarei vergognato a morte. Ho scoperto il pianto in prigione, non me ne vergogno. Credo che sia una valvola di sfogo. Certo, non e' una cosa che puoi fare davanti agli altri prigionieri, perche' qui c’e' la legge della sopravvivenza. Una persona debole, una persona che piange, una persona che non puo' muoversi o fisicamente non e' forte, diventa immediatamente una preda. e' difficile spiegare la vita in una prigione. Sopravvive solamente il piu' forte. Quindi, qui le uniche volte che piango e' quando, come tu adesso, spingi tasti che sono molto sensibili per me, o quando la notte magari non riesco a mettere la mia mente a riposo e penso ai miei bambini. Altrimenti nella mia vita nomale, non posso lasciare che questi sentimenti vengano visti da altri.
Non voglio torturarti ma… hai mai avuto un momento di sconforto? Ti sei mai visto morire qua dentro? Hai mai pensato alla tua immagine di uomo anziano rinchiuso qua dentro?
No, ho troppa rabbia nel corpo. C’e' un motto di Confucio che dice: «Se spendi la tua vita alla ricerca della rivalsa e' meglio che scavi due fosse: una per te e una per la persona su cui vuoi prenderti la rivincita». Non sono mai stata una persona violenta, non ho mai accettato la violenza. Tutti quelli che mi conoscono lo sanno perfettamente, da quando sono stato arrestato, ho dei momenti in cui non posso controllare la mia mente… ho questi sogni che sono sogni violentissimi, verso le persone a cui non ho fatto nulla. Il mio accusatore non sa chi sono, non ha mai avuto nessun tipo di rapporto con me, non sa qual e' il tipo di rapporto mio con la mia famiglia e mi ha tolto la vita o sta cercando di togliermi la vita (perche' non sara' cosi' semplice togliermela completamente), per interessi che sono puramente interessi economici. Forse l’ha fatto per avanzare nella sua carriera… comunque sono interessi economici, questa e' la mentalita' americana. Il sistema americano e' un sistema cosi' strutturato… L’America e' un paese fantastico, ma il sistema americano non allaccia neanche le scarpe all’Italia. Il sistema giudiziario americano e' basato solamente sul punishment, sulla punizione, non credono alla riabilitazione. Questo e' un sistema che non funziona, perche' io vivo tutti i giorni con millesettecento altri prigionieri, con una media di condanne a trent’anni di carcere. Ci sono persone che hanno venti sentenze all’ergastolo, persone che sono state per dieci anni nella sezione di attesa della sedia elettrica e so che la maggior parte di queste persone ha subi'to cosi' tante umiliazioni e cosi' tanta oppressione qui, che nel momento in cui usciranno, non saranno cittadini perfetti per la societa', ma saranno criminali perfetti, sapranno fare quello che hanno fatto prima molto meglio di prima... Io ho passato moltissimo tempo a insegnare le lingue, a insegnare ad usare il computer, a insegnare educazione fisica. Sto cercando di dare una motivazione, alle persone che sono qui per non avere la loro mente solamente sulla criminalita', adesso all’interno della prigione e, in futuro, quando saranno liberi. Io credo che su questo il sistema americano abbia molto da imparare dal sistema italiano.
Tu come ti vedi oggi?
Mi vedo pronto ad iniziare una vita nuova… sara' difficile riuscire a cancellare questo incubo, di giorno sicuramente saro' in grado di cancellarlo, io credo che mi svegliero' molte volte la notte in un bagno di sudore, in preda a un incubo e saranno gli unici momenti in cui la mente torna a questo, a questi momenti passati in questa prigione.
C’e', secondo te, un modo per essere una persona felice in questa prigione?
Tanta gente mi ha chiesto: “Com’e' passare da una persona che ha tutto ad una che non ha piu' nulla?”. Io non ero la persona con le capacita' finanziarie infinite, pero', credo che avessi un avita da sogno: facevo come lavoro, quello che altri avrebbero fatto come hobby. Avevo una famiglia fantastica, non mi mancava nulla. Tutte le cose che un uomo che ha una vita attiva vuole, io le avevo, direttamente o indirettamente. Avevo tantissimi amici perche' la mia tendenza e' sempre stata di essere molto aperto, di dare l’amicizia a tutti, di dare una chance, di dare una possibilita', e di fidarmi della gente, e' per questo che ho commesso lo sbaglio di fidarmi di Tom Knott. E non voglio cambiare, non voglio essere una persona che vede solo i lati negativi nella vita. Voglio continuare a vedere, a sognare, a colori. Voglio continuare a cercare l’arcobaleno anche durante il giorno e voglio sempre – spero sempre – potere vedere i lati positivi nelle persone. Le persone negative non hanno posto vicino a me, perche' voglio gente che sia positiva, gente che sorrida, non gente che ha sempre da lamentarsi o che ha sempre da criticare. e' stato uno dei punti piu' difficili nel settore delle pubbliche relazioni, la mia vita si e' basata moltissimo sulle pubbliche relazioni e mi ritengo fortunato di aver conosciuto tantissima gente che,in un modo o nell’altro, mi ha aiutato ad avere successo.
Cos’e' rimasto del Chico che veniva da Trento che ha vinto al Telemike, che si e' creato una vita qui? Cos’e' rimasto di quel ragazzo?
Tutto. Sono esattamente come un tempo. Sono rimasto lo stesso. Grazie anche all’aiuto della mia citta' natale, dicono che i trentini sono bravi e resistono alle intemperie, io mi ritengo un buon trentino da quel punto di vista. C’e' un motto latino che dice – fluctuat nec mergitur – che e' anche il motto della citta' di Parigi, se non sbaglio, e che vuol dire – sopravvivi anche se sei completamente travolto dai marosi, dalle onde, dalla tempesta, dalle situazioni difficili. Io credo che abbia indurito una parte del mio cuore, ma non credo che abbia cancellato la vecchia parte di me. A Trento i miei amici mi conoscono per il fatto di far sorridere la gente, di mettere sempre tutti a loro agio, di raccontare le barzellette, sono sempre lo stesso.
In che cosa credi?
Ironicamente… posso dire di credere nel giusto ma di sapere che esiste l’ingiustizia. Credo che i miei figli, soprattutto Savannah che ha dieci anni, siano in grado di apprezzare quello che ho fatto. Se avessi accettato compromessi non sarei qui… Avrei potuto accettare la proposta dell’accusatore Rubin, avrei potuto mentire e dire: «Si', sono certo, Tom Knott e' l’assassino. Anche se si e' creato un alibi perfetto. Pero' non e' questa la mia indole. Quella di mentire e di togliere la vita a un’altra persona. Mentire per ottenere un vantaggio… mai… credo che i miei figli siano capaci di riconoscere questo. I miei figli mi dicono che mi vogliono bene, che mi sono vicini. Vivono questa mia storia, un po’ come se io fossi in viaggio, come quando ero in viaggio per lavoro o come quando, magari, andavo in Australia o andavo in Europa e ritornavo… Per me la cosa piu' importante e' che loro abbiano una vita tranquilla e che credano nei valori fondamentali della vita.
Cosa vorresti dire ora alle persone che non ti conoscono?
Quello che e' accaduto a me avrebbe potuto toccare un altro. Non voglio commuovere ne' intenerire, non voglio compatimenti ne' perdoni. Io sono solo un uomo che, forse, ha fatto degli errori. Ma chi puo' dirsi infallibile? Ho sempre puntato sui veri valori della vita: l’amore per la mia famiglia e l’amicizia per coloro che si trovavano vicino al mio mondo. La violenza, semplicemente, non appartiene a quel mondo. Non mi appartiene… Per questo disarmante motivo io non sono un assassino. Leggi le mie labbra: non ho ucciso io Dale Pike.
Voglio ringraziare tutti coloro i quali si
batteranno con me per dimostrarlo…
Continua...
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