SPORT
TURISMO
MUSICA
SPETTACOLO
CULTURA
ATTUALITÀ
Copyright © 1997 Albaria
Magazine Direttore:
Vincenzo Baglione Tutti i diritti sono
riservati
E-mail: albaria@tin.it
Copyright © 1997 Albaria
Magazine Direttore:
Vincenzo Baglione Tutti i diritti sono
riservati
E-mail: albaria@tin.it |
|
di Vincenzo Lombardo
INCHIESTA DOPING
Attuale più che mai il problema del doping, la droga dello sportivo è ad una svolta. Una
legge e la procura del Coni sono i provvedimenti più recenti.
Quella sporca ultima meta
In queste pagine
- Intervista a Mario Pescante
Il Presidente del CONI Mario Pescante: "Per sconfiggere il doping
bisogna precederlo, la strada da seguire è quella della prevenzione". L'attivazione
della Procura antidoping del CONI servirà anche da deterrente
- Due progetti legge Calvi e Lagagnini
Entrambi con l'unico fine di rendere lo sport "pulito" ma con
mezzi e strumenti differenti. Per Lavagnini il CONI va "espropriato del controllo sul
doping. Per Calvi al CONI: "controllo e prevenzione".
- Doping che fare?
Il parere di atleti, giornalisti, politici, medici: Giuseppe Abbagnale,
Gianni Bugno, Pietro Mennea, Salvatore Antibo, Fabrizio Maffei, Giacomo Crosa, Candido
Cannavò, Carlo Bernasconi, Giuseppe Ayala.
Lo sport è' sempre stato visto come un'attività benefica
per il corpo e per lo spirito, un'efficace mezzo per tenere i giovani lontano dalla droga.
Ma oggi le cose sembrano aver preso una strada diversa...
Con la fine dei cento metri del "campione" Ben Johnson nel 1988 a Seul,
sembrava essersi chiuso il problema del doping, almeno nei modi e nei toni di quei giorni.
Ricorderete il tanto rumore che si fece, le discussioni televisive, i lunghi dibattiti, i
titoloni dei giornali, il tutto per sensibilizzare gli sportivi, gli addetti ai lavori e
l'opinione pubblica sul dolente tema della "droga" nello sport. Ma invece...,
catapultiamoci nel 1996, per l'esattezza 25 ottobre 1996. Il dottor Flavio Alessandrini,
ex medico della nazionale di ciclismo rivela ad un quotidiano sportivo nazionale di assere
stato al centro di un insabbiamento, relativamente ad una sua denuncia, e di aver
collaborato ad un dossier redatto dal dirigente olimpico Sandro Donati. Un dossier
scottante in cui sarebbero indicati nomi di atleti, di direttori sportivi, di
massaggiatori e medici, ritenuti responsabili del doping, ma non solo questo, visto che
sarebbero anche state citate alcune circostanze in cui si è verificato l'uso di sostanze
vietate. La tensione cresce, al Coni in un primo tempo il "dossier" sembra
scomparso, e come prassi vuole in questi casi, vengono fuori gli scheletri dagli armadi,
addirittura lo stesso Alessandrini suppone che gli atleti implicati in casi di doping dal
`93 ad oggi potrebbero essere passati dal 50 per cento all'80 per cento. Ci fermiamo qui.
Forse si tratta di una percentuale troppo elevata e poco credibile, ma è quanto basta per
capire che siamo di fronte ad un fenomeno preoccupante che ci porta ad essere talvolta,
telespettatori di una competizione sportiva, dove di sportivo c'è solo il nome. In queste
parole c'è sicuramente un senso di sfiducia, che ci perviene dalla gente che vede
talvolta crollare dal piedistallo un proprio mito quando viene a conoscenza dai mass media
che il "grande campione", da emulare nelle gesta e nei grandi risultati, è
accusato di doping. Lungi da noi l'idea di creare facili allarmismi, certi che dai singoli
episodi, al fare "di tutta l'erba un fascio", il passo è breve. Colpevolizzare
quindi, l'intera categoria è errato anche se nello sport in generale i controlli
antidoping sono insufficienti e non mancano personaggi privi di scrupoli e maneggioni che
mandano diversi atleti allo sbaraglio propinando loro dei farmaci vietati. Il doping di
oggi non è più come quello di una volta, i medici, supportati da un apparato tecnico -
scientifico, realizzano delle sostanze "dopanti" difficilmente individuabili con
l'esame dell'urina. Ne è un esempio l'EPO (eritropoietina), una sostanza che alza il
valore dell'ematocrito e dell'emoglobina con il rischio per l'atleta di un'aumento di
viscosità del sangue. È necessario ricorrere a metodi e test di laboratorio che siano
all'altezza di competere con i preparati di oggi, è stata avanzata la proposta di rendere
l'esame del sangue obbligatorio e che ben venga se potrà contribuire a rendere lo sport
più pulito. Una volta che si scopra chi fa uso di doping e chi lo prescrive o ne è
fornitore bisognerà andare a prendere gli opportuni provvedimenti. A tal proposito il 19
novembre scorso si è insediata la Procura Antidoping, un apparato gestito sempre dal Coni
con lo scopo di andare a colpire coloro che non hanno capito quale sia la vera filosofia
dello sport, con riferimenti espliciti non solo agli atleti. Ma per assicurare i
trasgressori alla giustizia la Procura del Coni non può bastare. Sono stati intanto
presentati due progetti di legge al Senato che dovrebbero, se approvati, essere dei veri e
propri deterrenti e costituire la panacea per ridare credibilità e fiducia nel mondo
dello sport.
Intervista a Mario Pescante
Il Presidente del CONI Mario Pescante: "Per sconfiggere il doping bisogna
precederlo, la strada da seguire è quella della prevenzione". L'attivazione della
Procura antidoping del CONI servirà anche da deterrente
Abbiamo contattato il massimo esponente dello sport italiano al suo ritorno da una
importante riunione del CIO a Cancun. Il Presidente del Comitato Olimpico Italiano al
meeting messicano ha fatto la voce grossa quando è stato toccato lo scottante problema
del doping. Pescante si è battuto molto per difendere l'orgoglio dello sport azzurro ed a
lui si deve in gran parte la nascita della Procura del CONI, insediatasi recentemente per
tentare di risolvere, anche da un punto di vista penale, tutte le problematiche legate al
traffico ed all'uso di sostanze proibite da parte di alcuni atleti che, con l'intento di
raggiungere quella sporca ultima meta, sono disposti, spesso spinti da medici ed
allenatori senza scrupoli, a mettere in pericolo la propria vita ed a minare la salute
morale dello sport, puro per principio.
Qual è il ruolo affidato alla Procura Antidoping?
Un ruolo che purtroppo fino ad oggi non siamo riusciti a svolgere, cioè quello di
accertare eventuali responsabilità. Sino ad ora gli unici a pagare sono stati gli atleti,
vittime molto spesso inconsapevoli di "maneggioni", di trafficanti, di gente che
prescrive determinate sostanze ma che rimane sempre indenne dalle sanzioni. Vorremmo
riuscire a colpire coloro che sono a monte del discorso. Per il momento possiamo solo
farlo sportivamente ma con l'augurio che tutto questo poi avvenga penalmente.
Questa Procura come è composta?
La Procura si è insediata il 19 novembre, c'è un presidente, l'avvocato penalista Ugo
Longo, che era già nella commissione precedente, degli avvocati dello Stato, un medico
esterno alla struttura Coni e Federazioni e dei funzionari Coni.
Quali reati può contestare la Procura e quali pene può applicare?
Non c'è un reato da contestare, bisognerebbe prevedere un tipo nuovo di reato:
"Attentato alla salute dell'atleta, del cittadino", in base a un articolo di
questo tipo, prevedere sanzioni.
La Procura, allora per adesso ha facoltà limitate?
La Procura svolge un lavoro molto importante che è quello di dare poi gli strumenti alla
Magistratura per intervenire non abusando dei tempi lunghi che molto spesso i procedimenti
giudiziari hanno.
Vi sono state delle resistenze all'insediamento di questa nuova struttura?
No, le resistenze sono in campo internazionale. All'Assemblea dei Comitati Olimpici
svoltasi a Cancun (Messico) il 19 novembre, io sono stato l'unico a parlare e ad alzare la
voce, di fronte a questo discorso. Pensi che per la Federazione Internazionale di
ciclismo, il problema non esiste, per loro sono solo illazioni giornalistiche, come vede
questa che stiamo svolgendo è la battaglia dei "folati".
Sarebbe necessaria una legge internazionale?
È necessaria l'armonizzazione di sanzioni innanzitutto, poi un istituto di ricerca
finanziato dal CIO (Comitato Internazionale Olimpico) che svolga le ricerche per precedere
il doping, perché noi attualmente inseguiamo chi ne fa uso, ma ce ne accorgiamo dopo due
- tre anni, dopo che è usato e consumato.
Lei si è rivolto al vice - presidente del Governo Veltroni per un progetto di legge
antidoping?
Stiamo andando avanti con un progetto di legge redatto dal senatore Guido Calvi,
presidente Commissione Giustizia, di cui condividiamo a pieno i contenuti e che è una
risposta alle nostre esigenze. Ovviamente la Procura fornirà il materiale affinché
l'autorità giudiziaria svolga le sue funzioni.
Oltre al progetto del Senatore Calvi, il Senatore Lavagnini ha presentato una proposta
di legge sempre in materia doping, vi sono delle differenze?
Si, vi sono delle differenze abissali, non a caso ho citato solo il "Progetto
Calvi".
Quindi lei concorderebbe solo col progetto Calvi?
Sicuramente.
C'è la possibilità di creare un'Autority medico - sportiva quindi sopra le parti?
No, perché la nostra Associazione medico - sportiva svolge la sua funzione egregiamente.
Il Problema è che non ci sono gli strumenti giuridici per perseguire a monte coloro che
molto spesso non sono neanche medici sportivi, pensi alle farmacie che vendono questi
prodotti.
Quindi i canali di diffusione sono le farmacie?
Le farmacie, si, ma alcune farmacie e alcuni medici.
È presumibile che vi sia un mercato trasversale - nascosto?
Non c'è dubbio che c'è un mercato nascosto, molto spesso con approvvigionamenti
all'estero.
Alcuni hanno accusato il CONI di immobilismo, lei come risponde ?.
Questo è un paese in cui ci sono processi facili, i fatti che contano sono i seguenti:
l'Italia è l'unico paese che, dopo gli Stati Uniti, effettua oltre diecimila controlli,
unico paese ad avere controlli a sorpresa, unico paese che ha sanzionato atleti come
Bugno, come Rosi; fra l'altro per Bugno devo dire anche per stupidaggini, è un discorso
di caffeina; già squalificato un'atleta olimpionico come Masullo, un paese che ha colpito
Maradona e Caniggia, non ci dimentichiamo, siamo stati i primi, questi sono i dati. Il
resto sono denunce che avevano per oggetto questa eretropoietina, che non si riesce
purtroppo ad individuare.
Per individuarla è necessario rendere obbligatorio il prelievo di sangue?
È necessario riuscire ad analizzarla, è importantissima questa visita del principe
Alexandre De Merode, che è il presidente della Commissione medica del CIO che, non a
caso, è stato invitato e verrà proprio a Roma prossimamente per una riunione della
commissione doping. Per quanto riguarda l'esame del sangue purtroppo De Merode dice che
non serve per verificare l'Eritropoietine, questo è il guaio, per cui adesso
probabilmente vedremo di fare una gara a livello scientifico per trovare una soluzione.
Cos'è questa sostanza che arriva dall'Australia superiore all'EPO?
Questa sostanza sarebbe l'ormone della crescita, che non si sa se provenga dalla Cina o da
qualche altro stato, di questa sostanza non c'è traccia in Italia ma è bene precorrere i
tempi.
Per chi è stato colpito da squalifiche per doping, rivelatesi in un secondo tempo
prive di fondamento, il CONI cosa pensa di fare?
Senza fondamento no, perché se è stato squalificato vuol dire che ha un'analisi
negativa.
Non ci sono stati, allora dei casi di atleti squalificati ingiustamente?
Ci sono stati dei casi di riduzione della pena, noi abbiamo due anni come squalifica, le
Federazioni Internazionali spesso hanno sanzioni inferiori, nel caso di Bugno, per
capirci. Questo mette in evidenza che in campo internazionale dobbiamo metterci d'accordo.
Due progetti legge per uscire dal tunnel del doping
Entrambi con l'unico fine di rendere lo sport "pulito" ma con mezzi e strumenti
differenti. Per Lavagnini il CONI va "espropriato del controllo sul doping. Per Calvi
al CONI: "controllo e prevenzione"
C'è voluto davvero poco dall'esplosione della bomba doping nel
ciclismo per spingere due senatori entrambi di sinistra, della coalizione dell'Ulivo, a
cercare l'antidoto dentro l'Aula del Parlamento. Più veloci che mai, arrivano due
progetti, uno a firma del Senatore Lavagnini, vice presidente dei senatori del PPI e
componente della Commissione Sanità del Senato, l'altro a firma del Senatore Guido Calvi
del PDS.
PROGETTO CALVI
Il Disegno di Legge sull'antidoping esteso dal Senatore del PDS Guido Calvi, consta di 7
articoli. Al primo articolo il Senatore definisce così il doping: (comma 1)
"Costituisce doping la somministrazione di medicinali appartenenti alle classi
farmacologiche indicate dal Comitato Olimpico Internazionale (CIO) o l'uso dei metodi
vietati dal CIO ovvero la somministrazione di medicinali o l'uso di pratiche terapeutiche
non giustificate da documentate condizioni patologiche ed effettuate con l'intento di
migliorare le prestazioni agonistiche". Non costituisce reato (comma 2) assumere i
medicinali e sottoporsi alle pratiche terapeutiche di cui al comma 1. Gli altri articoli
riguardano: L'utilizzazione consentita, le sanzioni per il medico, le sanzioni per il
farmacista, le disposizioni per le confezioni di medicinali contenenti sostanze dopanti,
l'illecita fornitura di sostanze vietate e le pene accessorie. Il Progetto di legge Calvi
introduce una tipologia di reato che va a colpire quei soggetti: farmacisti, medici,
fisioterapisti o chiunque fornisce illeggittimamente agli atleti anche a titolo gratuito
sostanze dopanti. Per i trasgressori è prevista una pena che va dai tre ai cinque anni e
se questi sono degli addetti ai lavori come dirigenti, membri delle Federazioni sportive,
la reclusione potrebbe essere aumentata fino al doppio come nel caso del minore. Nei casi
di doping, sempre secondo il DDL, il Codice penale guarderebbe l'atleta come parte lesa,
mentre poi spetterebbe al Coni e alle Federazioni adottare le adeguate sanzioni
disciplinari.
TRE DOMANDE AL SEN. GUIDO CALVI
Quali sono le differenze fra il suo progetto di legge e il progetto Lavagnini?
Sono due cose completamente diverse, io ho individuato una fattispècie tipica di reato e
quindi una condotta punibile a norma del nostro codice penale. Le due cose proprio per la
loro diversità potrebbero andare in parallelo ed essere unificate. Il sen. Lavagnini si
è orientato verso un'altra cosa, la costituzione di comitati, quindi non prevede il
reato. Sono due cose diverse. Al CONI secondo il mio progetto resteranno delle funzioni
ben specifiche vale a dire il controllo, la prevenzione, l'applicazione di sanzioni
disciplinari agli atleti; in sintesi ciò che riguarda l'ordinamento sportivo.
Qual è la novità del DDL?
La novità vera di questa legge è l'intervento del giudice penale, perché per la prima
volta viene definito il reato di doping.
Sulla Procura Antidoping lei è favorevole?
Si, sono favorevole. La Procura riguarda l'ordinamento sportivo, quindi non entro nel
merito. Possono fare tutto ciò che vogliono. Vi è alla base un rispetto reciproco, io mi
occupo di reato penale e non della sanzione disciplinare.
PROGETTO LAVAGNINI
Il Disegno di legge Lavagnini, composto da 12 articoli, parte dalla constatazione che è
mancata la capacità di assicurare un'efficace tutela sanitaria all'attività sportiva
anche perché sino ad ora tale tutela è stata riservata ad un'élite di professionisti.
Con l'approvazione del DDL anche i dilettanti, sinora ignorati per un'attenzione
maggiormente rivolta verso gli atleti professionisti, saranno sottoposti a controlli
severi. L'aspetto più importante del "Progetto Lavagnini", che rivoluziona fra
l'altro le attribuzioni e le competenze in materia di giudizio, è senza dubbio la
ridefinizione del concetto di doping da repressione della frode sportiva ad attentato alla
salute pubblica. A questo punto gli esami dei casi di doping passerebbero al Ministero
della Sanità, probabilmente mal volentieri da parte del CONI che sino ad oggi li ha
gestiti. Il Ministero, secondo il DDL dovrebbe strutturare un Comitato Nazionale per la
tutela sanitaria delle attività sportive, con una scadenza triennale, formato da un
farmacologo, da un tossicologo, da un clinico medico, da un pediatra, da due medici
specialisti dello sport, da un rappresentante, rispettivamente, dell'Istituto Superiore di
Sanità, dell'Ordine dei Medici, dell'Ordine dei farmacisti e della Federazione medico
sportiva ed un rappresentante del Ministro della Sanità che lo presiede. In occasione di
riunioni il "Comitato" verrebbe esteso ad un rappresentante del CONI e a due
delle Federazioni sportive maggiormente rappresentate a livello nazionale. Il
"Comitato" si dovrebbe servire di una serie di centri specializzati che
vigileranno non solo sulle assunzioni di sostanze farmaceutiche prima della prestazione
atletica, ma anche su quelle assunte nel più lungo periodo durante gli allenamenti e la
preparazione. Per quanto riguarda le sanzioni per Lavagnini dovrebbero essere tutte
pecuniarie con delle multe che vanno da dieci a cento milioni per il medico dopatore e da
venti a cento milioni per lo spacciatore.
TRE DOMANDE AL SEN. SEVERINO LAVAGNINI
Quali sono le differenze fra il progetto di legge suo e quello del Sen. Calvi?
Il progetto di legge mio da quello di Calvi, in base alle notizie che ho, cambia
sostanzialmente, nel senso che il mio è un disegno di legge di protezione sanitaria, di
prevenzione delle attività sportive e che pertanto prevede un comitato, una competenza
delle Regioni e gli accertamenti pubblici che devono essere fatti su queste manifestazioni
sportive. Il progetto Calvi sembrerebbe invece una definizione legislativa del reato del
doping che però deferisce tutto quanto al CONI, quindi una situazione che rimane
pressoché uguale a quella che c'è adesso.
Chi dovrebbe essere l'organo competente?
Le competenze le darei alla Sanità, non prevedo pene detentive, prevedo solo multe molto
alte, ma solo multe.
Sulla Procura antidoping lei è favorevole?
No, io ritengo che, in relazione a questa legge, il CONI e le Federazioni faranno delle
normative interne che prevedono anche le sospensioni dalle attività sportive. In realtà
l'accertamento dell'avvenuto "dopaggio" come lo chiamano gli sportivi, deve
avvenire attraverso le strutture pubbliche.
DOPING CHE FARE?
Abbiamo chiesto agli addetti ai lavori, giornalisti, medici, atleti, politici,
una soluzione per uscire del doping ed un parere sulla "procura antidoping"
GIUSEPPE ABBAGNALE
Per risolvere il problema del doping la cosa fondamentale è sensibilizzare alcuni
medici e alcuni alchimisti a rispettare letica
professionale.
In quasi tutti i casi non cè la volontà dellatleta, ma una cerchia di
persone che sono al di fuori dellambiente sportivo e che
vogliono portare lindividuo ad un risultato medico, non sportivo.
Per quanto riguarda la Procura, non credo che ci siano mezzi certi per sconfiggere il
doping, Procura si o Procura no, non so fino a
che punto può essere utile o meno. Manca una volontà in tal senso, nellambiente
umano, medico e sportivo.
Ai giovani che si affacciano al mondo dello sport posso dire che il lavoro ripaga.
Limpegno, labnegazione nella vita quotidiana e
nella pratica sportiva ritorna in termini di risultato.
GIANNI BUGNO
Per uscire dal doping bisogna operare con dei fatti concreti con delle operazioni
serie che non lascino ombre di dubbio.
Non sono gli atleti a dover far questo ma chi è dietro la scrivania.
Per evitare che gli sportivi facciano uso di sostanze dopanti ci vogliono degli esami
molto accurati, molto costosi, che solo chi è
nelle condizioni di operare, può fare.
Secondo me, nel ciclismo, la percentuale di atleti dopati non è alta visto che vi sono
controlli più severi che da altre parti; fra
laltro noi ci siamo offerti di incrementarli.
Per quel che riguarda la Procura Antidoping, serve e non serve, quello che sicuramente è
indispensabile è un controllo più
accurato sotto ogni forma.
La Magistratura ordinaria può far ben poco anche perché ha delle cose ben più
importanti su cui operare. La Procura invece ha
già degli addetti specializzati per questo tipo di controllo.
PIETRO MENNEA
Il doping è un problema che non si risolve, una lotta persa in partenza;
non cè una soluzione, perché non la vogliono una
soluzione!
Io non propongo niente, una volta che ho proposto mi hanno dato addosso tutti. Il problema
è talmente complesso che non
richiede una proposta o una soluzione. La lotta antidoping, è una lotta persa in
partenza. Fino a quando i controllanti nominano i controllori come fai a sconfiggere
questa cosa?
SALVATORE ANTIBO
Si può uscire dal doping con controlli delle urine e del sangue a tutti gli atleti,
anche se dopo la competizione lo sportivo è
affaticato e quindi potrebbe essere pericoloso.
Sulla Procura antidoping posso dire che è qualcosa che serve, perché non si può
continuare con questi livelli. È necessario
impegnarsi per ripulire lo sport da coloro che lo hanno messo in pericolo.
FABRIZIO MAFFEI
(Giornalista sportivo RAI)
È chiaro che il problema doping è un problema reale, importante, credo
sofisticato, basti pensare alle tecniche utilizzate dai
medici.
Per stabilire chi fa uso di sostanze dopanti, lesame del sangue è la cosa migliore.
Sono favorevole alla Procura Antidoping, anche se il discorso deve nascere da più
lontano, dalla cultura.
Bisognerebbe comunque fare una distinzione fra le sanzioni per gli atleti e le sanzioni
per medici e preparatori. Gli atleti molto
spesso sono non colpevoli, addirittura talvolta assumono dei farmaci senza sapere cosa
siano, affidandosi nelle mani di staff
senza coscienza.
Credo che sia giusto fare una differenziazione di colpa: una squalifica per latleta,
un reato penale per i medici, per i quali vedrei addirittura unestromissione
dallalbo professionale.
GIACOMO CROSA
(Giornalista sportivo Mediaset)
La lotta al doping non si fa dicendo che il doping fa male alla salute, ma con la
consapevolezza che è soprattutto una truffa,
quindi un insulto alla morale. Al limite, il doping dei grandi campioni potrebbe non
interessare nessuno, fanno del male alla loro salute, al loro fisico.
La cosa secondo me più importante è la truffa che gli atleti perpetuano nei confronti
dello sport, dello spettatore e degli altri
avversari, quindi se cè una proposta di legge deve essere fatta sul fronte della
truffa e non sul fronte della tutela della salute di
chi si dopa.
La legge sul doping deve essere una legge penale, ribadisco: perché è una truffa nei
confronti di chi partecipa alla stessa gara e di chi fa da spettatore o telespettatore.
Il primo responsabile fra tutti, checché se ne possa dire, è sempre latleta
perché nessuno di loro è obbligato a prendere il farmaco
doping neanche se gli mettono la pistola alla fronte, quindi deve pagare.
Il secondo responsabile è il medico, perché il doping di oggi non è quello stregonesco
di una volta che passava attraverso le
valigette dei massaggiatori e latleta non sapeva: è un doping altamente scientifico
e quindi i responsabili sono i medici che
spalleggiano latleta nellassunzione delle sostanze, e aggiungo spesso e
volentieri sono gli atleti che vanno a cercare gli
spacciatori di doping.
Sulla Procura Antidoping, credo che porti a molto poco, io credo che il problema doping si
risolva con una struttura autonoma al
di fuori dello sport, senza alcun legame col mondo dello sport e che non abbia vincoli di
nessun tipo senza alcun compromesso.
Sarà molto difficile, ma se vi deve essere un elemento giudicante investigatore del
problema doping deve essere fuori dal mondo
dello sport.
CANDIDO CANNAVO
(Direttore della Gazzetta dello Sport)
Per uscire dal problema doping ci vorrebbe un bagno nellonestà, altrimenti
noi faremmo cinquanta leggi nuove e cinquanta altre
cose per eluderle. Questa è purtroppo la nostra vita di ogni giorno, anche al di fuori
dello sport, che però non deve costituire un
alibi.
Tecnicamente non sono nelle condizioni di giudicare quale sarà per questa EPO il mezzo
più idoneo per individuarla, però una
volta che dei corridori si offrono per gli esami del sangue in cui laccertamento
dellEPO è sicuro: questo è già un primo passo,
anche se non penso che sia quello finale.
Fra qualche tempo basterà un esame dellurina, ma se si aspetta sempre, come fanno
le nostre commissioni del doping o le
commissioni mediche, di trovare il sistema sicuro, passano gli anni e non si è trovato
niente.
Chiaro che lesame del sangue non lo puoi imporre. Se cè la disponibilidà dei
corridori e si motiva per ragioni di salute, questo
potrebbe essere una chiave buona. Se tu stabilisci che per ragioni di salute se hai per
esempio venti di emoglobina non puoi
gareggiare è già un fatto positivo.
Cè chi nega che dallalto si possa imporre un esame del sangue, e dice che la
libertà è individuale, e che il Tribunale
Internazionale lo boccerebbe ma se cè una disponibilità e un consenso per ragioni
di salute, secondo me il problema si può
risolvere o raggirare.
Sono favorevole alla Procura antidoping, a tutto quello che è serio, bisogna comunque non
arrendersi e andare avanti.
PROF. CARLO BERNASCONI
Presidente della Società Italiana di Emoglobina ed ordinario di
ematologia allUniversità di Pavia e al Policlinico S. Matteo di Pavia
Lutilizzo dellEPO nellatleta non è di facile riscontro, anzi,
tuttaltro che facile, ci sono comunque dei test per evidenziare la
stimolazione farmacologica di una produzione di eritropoietina rispetto ai meccanismi
fisiologici.
Il rischio per chi fa uso di tale sostanza si manifesta se vengono superati le soglie: 50
per cento ematocrito e 17 per cento
emoglobina.
Per quel che riguarda il rimpiego delleritropoietina come stimolazione
delleritropoiesi è chiaro che è un impiego in proprio che esopone latleta ad
un rischio di doping e quindi occorre avvertirlo del rischio che sta correndo.
Le commissioni sportive dovrebbero dare la gestione di queste cose a degli esperti che
conoscono sia la fisiotopologia della
produzione dei globuli rossi e sia i rischi che si corrono se questi globuli superano un
dato livello.
SEN. GIUSEPPE AYALA
(Sottosegretario alla Giustizia)
Il Progetto di legge del senatore Calvi riprende sostanzialmente quello che noi
avevamo detto nel 1994: occorre fare un grande
ordine in questo settore, soprattutto a tutela dellatleta.
Gli atleti vanno tutelati perché lo sport è fatto da loro, non è fatto da chi lo nello
sport ha altri ruoli.
Trovo che bisogna riordinare e dare una disciplina seria in questo settore che può essere
potenzialmente distruttivo per lintero
settore agonistico.
Per non partire da nessuna condanna aprioristicamente in qualche maniera, che forse poi
nasconde anche una riserva mentale, io
dico che spesso capita che latleta scopre che è la vera parte lesa, perché viene
adoperato, usato e senza una vera preparazione
atletica alle spalle dopo qualche anno la carriera giunge al termine.
Il ruolo fondamentale è scegliere una delle due posizioni: latleta mai colpevole,
latleta sempre colpevole. Bisogna trovare una
linea equilibrata e ragionevole. Latleta è un soggetto da proteggere, non da
punire, tranne nei casi in cui è responsabile.
Vincenzo Lombardo |