Pubblicato su Albaria Magazine Dicembre '96

SPORT

TURISMO

MUSICA

SPETTACOLO

CULTURA

ATTUALITÀ

Copyright © 1997 Albaria Magazine Direttore:
Vincenzo Baglione Tutti i diritti sono riservati
E-mail: albaria@tin.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Copyright © 1997 Albaria Magazine Direttore:
Vincenzo Baglione Tutti i diritti sono riservati
E-mail: albaria@tin.it

di Vincenzo Lombardo

INCHIESTA DOPING
Attuale più che mai il problema del doping, la droga dello sportivo è ad una svolta. Una legge e la procura del Coni sono i provvedimenti più recenti.

Quella sporca ultima meta
In queste pagine
- Intervista a Mario Pescante
Il Presidente del CONI Mario Pescante: "Per sconfiggere il doping bisogna precederlo, la strada da seguire è quella della prevenzione". L'attivazione della Procura antidoping del CONI servirà anche da deterrente
- Due progetti legge Calvi e Lagagnini
Entrambi con l'unico fine di rendere lo sport "pulito" ma con mezzi e strumenti differenti. Per Lavagnini il CONI va "espropriato del controllo sul doping. Per Calvi al CONI: "controllo e prevenzione".
- Doping che fare?
Il parere di atleti, giornalisti, politici, medici: Giuseppe Abbagnale, Gianni Bugno, Pietro Mennea, Salvatore Antibo, Fabrizio Maffei, Giacomo Crosa, Candido Cannavò, Carlo Bernasconi, Giuseppe Ayala.


Lo sport è' sempre stato visto come un'attività benefica per il corpo e per lo spirito, un'efficace mezzo per tenere i giovani lontano dalla droga. Ma oggi le cose sembrano aver preso una strada diversa...
Con la fine dei cento metri del "campione" Ben Johnson nel 1988 a Seul, sembrava essersi chiuso il problema del doping, almeno nei modi e nei toni di quei giorni. Ricorderete il tanto rumore che si fece, le discussioni televisive, i lunghi dibattiti, i titoloni dei giornali, il tutto per sensibilizzare gli sportivi, gli addetti ai lavori e l'opinione pubblica sul dolente tema della "droga" nello sport. Ma invece..., catapultiamoci nel 1996, per l'esattezza 25 ottobre 1996. Il dottor Flavio Alessandrini, ex medico della nazionale di ciclismo rivela ad un quotidiano sportivo nazionale di assere stato al centro di un insabbiamento, relativamente ad una sua denuncia, e di aver collaborato ad un dossier redatto dal dirigente olimpico Sandro Donati. Un dossier scottante in cui sarebbero indicati nomi di atleti, di direttori sportivi, di massaggiatori e medici, ritenuti responsabili del doping, ma non solo questo, visto che sarebbero anche state citate alcune circostanze in cui si è verificato l'uso di sostanze vietate. La tensione cresce, al Coni in un primo tempo il "dossier" sembra scomparso, e come prassi vuole in questi casi, vengono fuori gli scheletri dagli armadi, addirittura lo stesso Alessandrini suppone che gli atleti implicati in casi di doping dal `93 ad oggi potrebbero essere passati dal 50 per cento all'80 per cento. Ci fermiamo qui. Forse si tratta di una percentuale troppo elevata e poco credibile, ma è quanto basta per capire che siamo di fronte ad un fenomeno preoccupante che ci porta ad essere talvolta, telespettatori di una competizione sportiva, dove di sportivo c'è solo il nome. In queste parole c'è sicuramente un senso di sfiducia, che ci perviene dalla gente che vede talvolta crollare dal piedistallo un proprio mito quando viene a conoscenza dai mass media che il "grande campione", da emulare nelle gesta e nei grandi risultati, è accusato di doping. Lungi da noi l'idea di creare facili allarmismi, certi che dai singoli episodi, al fare "di tutta l'erba un fascio", il passo è breve. Colpevolizzare quindi, l'intera categoria è errato anche se nello sport in generale i controlli antidoping sono insufficienti e non mancano personaggi privi di scrupoli e maneggioni che mandano diversi atleti allo sbaraglio propinando loro dei farmaci vietati. Il doping di oggi non è più come quello di una volta, i medici, supportati da un apparato tecnico - scientifico, realizzano delle sostanze "dopanti" difficilmente individuabili con l'esame dell'urina. Ne è un esempio l'EPO (eritropoietina), una sostanza che alza il valore dell'ematocrito e dell'emoglobina con il rischio per l'atleta di un'aumento di viscosità del sangue. È necessario ricorrere a metodi e test di laboratorio che siano all'altezza di competere con i preparati di oggi, è stata avanzata la proposta di rendere l'esame del sangue obbligatorio e che ben venga se potrà contribuire a rendere lo sport più pulito. Una volta che si scopra chi fa uso di doping e chi lo prescrive o ne è fornitore bisognerà andare a prendere gli opportuni provvedimenti. A tal proposito il 19 novembre scorso si è insediata la Procura Antidoping, un apparato gestito sempre dal Coni con lo scopo di andare a colpire coloro che non hanno capito quale sia la vera filosofia dello sport, con riferimenti espliciti non solo agli atleti. Ma per assicurare i trasgressori alla giustizia la Procura del Coni non può bastare. Sono stati intanto presentati due progetti di legge al Senato che dovrebbero, se approvati, essere dei veri e propri deterrenti e costituire la panacea per ridare credibilità e fiducia nel mondo dello sport.

Intervista a Mario Pescante
Il Presidente del CONI Mario Pescante: "Per sconfiggere il doping bisogna precederlo, la strada da seguire è quella della prevenzione". L'attivazione della Procura antidoping del CONI servirà anche da deterrente

Abbiamo contattato il massimo esponente dello sport italiano al suo ritorno da una importante riunione del CIO a Cancun. Il Presidente del Comitato Olimpico Italiano al meeting messicano ha fatto la voce grossa quando è stato toccato lo scottante problema del doping. Pescante si è battuto molto per difendere l'orgoglio dello sport azzurro ed a lui si deve in gran parte la nascita della Procura del CONI, insediatasi recentemente per tentare di risolvere, anche da un punto di vista penale, tutte le problematiche legate al traffico ed all'uso di sostanze proibite da parte di alcuni atleti che, con l'intento di raggiungere quella sporca ultima meta, sono disposti, spesso spinti da medici ed allenatori senza scrupoli, a mettere in pericolo la propria vita ed a minare la salute morale dello sport, puro per principio.
Qual è il ruolo affidato alla Procura Antidoping?
Un ruolo che purtroppo fino ad oggi non siamo riusciti a svolgere, cioè quello di accertare eventuali responsabilità. Sino ad ora gli unici a pagare sono stati gli atleti, vittime molto spesso inconsapevoli di "maneggioni", di trafficanti, di gente che prescrive determinate sostanze ma che rimane sempre indenne dalle sanzioni. Vorremmo riuscire a colpire coloro che sono a monte del discorso. Per il momento possiamo solo farlo sportivamente ma con l'augurio che tutto questo poi avvenga penalmente.
Questa Procura come è composta?
La Procura si è insediata il 19 novembre, c'è un presidente, l'avvocato penalista Ugo Longo, che era già nella commissione precedente, degli avvocati dello Stato, un medico esterno alla struttura Coni e Federazioni e dei funzionari Coni.
Quali reati può contestare la Procura e quali pene può applicare?
Non c'è un reato da contestare, bisognerebbe prevedere un tipo nuovo di reato: "Attentato alla salute dell'atleta, del cittadino", in base a un articolo di questo tipo, prevedere sanzioni.
La Procura, allora per adesso ha facoltà limitate?
La Procura svolge un lavoro molto importante che è quello di dare poi gli strumenti alla Magistratura per intervenire non abusando dei tempi lunghi che molto spesso i procedimenti giudiziari hanno.
Vi sono state delle resistenze all'insediamento di questa nuova struttura?
No, le resistenze sono in campo internazionale. All'Assemblea dei Comitati Olimpici svoltasi a Cancun (Messico) il 19 novembre, io sono stato l'unico a parlare e ad alzare la voce, di fronte a questo discorso. Pensi che per la Federazione Internazionale di ciclismo, il problema non esiste, per loro sono solo illazioni giornalistiche, come vede questa che stiamo svolgendo è la battaglia dei "folati".
Sarebbe necessaria una legge internazionale?
È necessaria l'armonizzazione di sanzioni innanzitutto, poi un istituto di ricerca finanziato dal CIO (Comitato Internazionale Olimpico) che svolga le ricerche per precedere il doping, perché noi attualmente inseguiamo chi ne fa uso, ma ce ne accorgiamo dopo due - tre anni, dopo che è usato e consumato.
Lei si è rivolto al vice - presidente del Governo Veltroni per un progetto di legge antidoping?
Stiamo andando avanti con un progetto di legge redatto dal senatore Guido Calvi, presidente Commissione Giustizia, di cui condividiamo a pieno i contenuti e che è una risposta alle nostre esigenze. Ovviamente la Procura fornirà il materiale affinché l'autorità giudiziaria svolga le sue funzioni.
Oltre al progetto del Senatore Calvi, il Senatore Lavagnini ha presentato una proposta di legge sempre in materia doping, vi sono delle differenze?
Si, vi sono delle differenze abissali, non a caso ho citato solo il "Progetto Calvi".
Quindi lei concorderebbe solo col progetto Calvi?
Sicuramente.
C'è la possibilità di creare un'Autority medico - sportiva quindi sopra le parti?
No, perché la nostra Associazione medico - sportiva svolge la sua funzione egregiamente. Il Problema è che non ci sono gli strumenti giuridici per perseguire a monte coloro che molto spesso non sono neanche medici sportivi, pensi alle farmacie che vendono questi prodotti.
Quindi i canali di diffusione sono le farmacie?
Le farmacie, si, ma alcune farmacie e alcuni medici.
È presumibile che vi sia un mercato trasversale - nascosto?
Non c'è dubbio che c'è un mercato nascosto, molto spesso con approvvigionamenti all'estero.
Alcuni hanno accusato il CONI di immobilismo, lei come risponde ?.
Questo è un paese in cui ci sono processi facili, i fatti che contano sono i seguenti: l'Italia è l'unico paese che, dopo gli Stati Uniti, effettua oltre diecimila controlli, unico paese ad avere controlli a sorpresa, unico paese che ha sanzionato atleti come Bugno, come Rosi; fra l'altro per Bugno devo dire anche per stupidaggini, è un discorso di caffeina; già squalificato un'atleta olimpionico come Masullo, un paese che ha colpito Maradona e Caniggia, non ci dimentichiamo, siamo stati i primi, questi sono i dati. Il resto sono denunce che avevano per oggetto questa eretropoietina, che non si riesce purtroppo ad individuare.
Per individuarla è necessario rendere obbligatorio il prelievo di sangue?
È necessario riuscire ad analizzarla, è importantissima questa visita del principe Alexandre De Merode, che è il presidente della Commissione medica del CIO che, non a caso, è stato invitato e verrà proprio a Roma prossimamente per una riunione della commissione doping. Per quanto riguarda l'esame del sangue purtroppo De Merode dice che non serve per verificare l'Eritropoietine, questo è il guaio, per cui adesso probabilmente vedremo di fare una gara a livello scientifico per trovare una soluzione.
Cos'è questa sostanza che arriva dall'Australia superiore all'EPO?
Questa sostanza sarebbe l'ormone della crescita, che non si sa se provenga dalla Cina o da qualche altro stato, di questa sostanza non c'è traccia in Italia ma è bene precorrere i tempi.
Per chi è stato colpito da squalifiche per doping, rivelatesi in un secondo tempo prive di fondamento, il CONI cosa pensa di fare?
Senza fondamento no, perché se è stato squalificato vuol dire che ha un'analisi negativa.
Non ci sono stati, allora dei casi di atleti squalificati ingiustamente?
Ci sono stati dei casi di riduzione della pena, noi abbiamo due anni come squalifica, le Federazioni Internazionali spesso hanno sanzioni inferiori, nel caso di Bugno, per capirci. Questo mette in evidenza che in campo internazionale dobbiamo metterci d'accordo.


Due progetti legge per uscire dal tunnel del doping

Entrambi con l'unico fine di rendere lo sport "pulito" ma con mezzi e strumenti differenti. Per Lavagnini il CONI va "espropriato del controllo sul doping. Per Calvi al CONI: "controllo e prevenzione"

C'
è voluto davvero poco dall'esplosione della bomba doping nel ciclismo per spingere due senatori entrambi di sinistra, della coalizione dell'Ulivo, a cercare l'antidoto dentro l'Aula del Parlamento. Più veloci che mai, arrivano due progetti, uno a firma del Senatore Lavagnini, vice presidente dei senatori del PPI e componente della Commissione Sanità del Senato, l'altro a firma del Senatore Guido Calvi del PDS.

PROGETTO CALVI

Il Disegno di Legge sull'antidoping esteso dal Senatore del PDS Guido Calvi, consta di 7 articoli. Al primo articolo il Senatore definisce così il doping: (comma 1) "Costituisce doping la somministrazione di medicinali appartenenti alle classi farmacologiche indicate dal Comitato Olimpico Internazionale (CIO) o l'uso dei metodi vietati dal CIO ovvero la somministrazione di medicinali o l'uso di pratiche terapeutiche non giustificate da documentate condizioni patologiche ed effettuate con l'intento di migliorare le prestazioni agonistiche". Non costituisce reato (comma 2) assumere i medicinali e sottoporsi alle pratiche terapeutiche di cui al comma 1. Gli altri articoli riguardano: L'utilizzazione consentita, le sanzioni per il medico, le sanzioni per il farmacista, le disposizioni per le confezioni di medicinali contenenti sostanze dopanti, l'illecita fornitura di sostanze vietate e le pene accessorie. Il Progetto di legge Calvi introduce una tipologia di reato che va a colpire quei soggetti: farmacisti, medici, fisioterapisti o chiunque fornisce illeggittimamente agli atleti anche a titolo gratuito sostanze dopanti. Per i trasgressori è prevista una pena che va dai tre ai cinque anni e se questi sono degli addetti ai lavori come dirigenti, membri delle Federazioni sportive, la reclusione potrebbe essere aumentata fino al doppio come nel caso del minore. Nei casi di doping, sempre secondo il DDL, il Codice penale guarderebbe l'atleta come parte lesa, mentre poi spetterebbe al Coni e alle Federazioni adottare le adeguate sanzioni disciplinari.
TRE DOMANDE AL SEN. GUIDO CALVI
Quali sono le differenze fra il suo progetto di legge e il progetto Lavagnini?
Sono due cose completamente diverse, io ho individuato una fattispècie tipica di reato e quindi una condotta punibile a norma del nostro codice penale. Le due cose proprio per la loro diversità potrebbero andare in parallelo ed essere unificate. Il sen. Lavagnini si è orientato verso un'altra cosa, la costituzione di comitati, quindi non prevede il reato. Sono due cose diverse. Al CONI secondo il mio progetto resteranno delle funzioni ben specifiche vale a dire il controllo, la prevenzione, l'applicazione di sanzioni disciplinari agli atleti; in sintesi ciò che riguarda l'ordinamento sportivo.
Qual è la novità del DDL?
La novità vera di questa legge è l'intervento del giudice penale, perché per la prima volta viene definito il reato di doping.
Sulla Procura Antidoping lei è favorevole?
Si, sono favorevole. La Procura riguarda l'ordinamento sportivo, quindi non entro nel merito. Possono fare tutto ciò che vogliono. Vi è alla base un rispetto reciproco, io mi occupo di reato penale e non della sanzione disciplinare.

PROGETTO LAVAGNINI
Il Disegno di legge Lavagnini, composto da 12 articoli, parte dalla constatazione che è mancata la capacità di assicurare un'efficace tutela sanitaria all'attività sportiva anche perché sino ad ora tale tutela è stata riservata ad un'élite di professionisti. Con l'approvazione del DDL anche i dilettanti, sinora ignorati per un'attenzione maggiormente rivolta verso gli atleti professionisti, saranno sottoposti a controlli severi. L'aspetto più importante del "Progetto Lavagnini", che rivoluziona fra l'altro le attribuzioni e le competenze in materia di giudizio, è senza dubbio la ridefinizione del concetto di doping da repressione della frode sportiva ad attentato alla salute pubblica. A questo punto gli esami dei casi di doping passerebbero al Ministero della Sanità, probabilmente mal volentieri da parte del CONI che sino ad oggi li ha gestiti. Il Ministero, secondo il DDL dovrebbe strutturare un Comitato Nazionale per la tutela sanitaria delle attività sportive, con una scadenza triennale, formato da un farmacologo, da un tossicologo, da un clinico medico, da un pediatra, da due medici specialisti dello sport, da un rappresentante, rispettivamente, dell'Istituto Superiore di Sanità, dell'Ordine dei Medici, dell'Ordine dei farmacisti e della Federazione medico sportiva ed un rappresentante del Ministro della Sanità che lo presiede. In occasione di riunioni il "Comitato" verrebbe esteso ad un rappresentante del CONI e a due delle Federazioni sportive maggiormente rappresentate a livello nazionale. Il "Comitato" si dovrebbe servire di una serie di centri specializzati che vigileranno non solo sulle assunzioni di sostanze farmaceutiche prima della prestazione atletica, ma anche su quelle assunte nel più lungo periodo durante gli allenamenti e la preparazione. Per quanto riguarda le sanzioni per Lavagnini dovrebbero essere tutte pecuniarie con delle multe che vanno da dieci a cento milioni per il medico dopatore e da venti a cento milioni per lo spacciatore.
TRE DOMANDE AL SEN. SEVERINO LAVAGNINI
Quali sono le differenze fra il progetto di legge suo e quello del Sen. Calvi?
Il progetto di legge mio da quello di Calvi, in base alle notizie che ho, cambia sostanzialmente, nel senso che il mio è un disegno di legge di protezione sanitaria, di prevenzione delle attività sportive e che pertanto prevede un comitato, una competenza delle Regioni e gli accertamenti pubblici che devono essere fatti su queste manifestazioni sportive. Il progetto Calvi sembrerebbe invece una definizione legislativa del reato del doping che però deferisce tutto quanto al CONI, quindi una situazione che rimane pressoché uguale a quella che c'è adesso.
Chi dovrebbe essere l'organo competente?
Le competenze le darei alla Sanità, non prevedo pene detentive, prevedo solo multe molto alte, ma solo multe.
Sulla Procura antidoping lei è favorevole?
No, io ritengo che, in relazione a questa legge, il CONI e le Federazioni faranno delle normative interne che prevedono anche le sospensioni dalle attività sportive. In realtà l'accertamento dell'avvenuto "dopaggio" come lo chiamano gli sportivi, deve avvenire attraverso le strutture pubbliche.


DOPING CHE FARE?
Abbiamo chiesto agli addetti ai lavori, giornalisti, medici, atleti, politici, una soluzione per uscire del doping ed un parere sulla "procura antidoping"

GIUSEPPE ABBAGNALE
“Per risolvere il problema del doping la cosa fondamentale è sensibilizzare alcuni medici e alcuni alchimisti a rispettare l’etica
professionale.
In quasi tutti i casi non c’è la volontà dell’atleta, ma una cerchia di persone che sono al di fuori dell’ambiente sportivo e che
vogliono portare l’individuo ad un risultato medico, non sportivo.
Per quanto riguarda la Procura, non credo che ci siano mezzi certi per sconfiggere il doping, Procura si o Procura no, non so fino a
che punto può essere utile o meno. Manca una volontà in tal senso, nell’ambiente umano, medico e sportivo.
Ai giovani che si affacciano al mondo dello sport posso dire che il lavoro ripaga. L’impegno, l’abnegazione nella vita quotidiana e
nella pratica sportiva ritorna in termini di risultato”.

GIANNI BUGNO
“Per uscire dal doping bisogna operare con dei fatti concreti con delle operazioni serie che non lascino ombre di dubbio.
Non sono gli atleti a dover far questo ma chi è dietro la scrivania.
Per evitare che gli sportivi facciano uso di sostanze dopanti ci vogliono degli esami molto accurati, molto costosi, che solo chi è
nelle condizioni di operare, può fare.
Secondo me, nel ciclismo, la percentuale di atleti dopati non è alta visto che vi sono controlli più severi che da altre parti; fra
l’altro noi ci siamo offerti di incrementarli.
Per quel che riguarda la Procura Antidoping, serve e non serve, quello che sicuramente è indispensabile è un controllo più
accurato sotto ogni forma.
La Magistratura ordinaria può far ben poco anche perché ha delle cose ben più importanti su cui operare. La Procura invece ha
già degli addetti specializzati per questo tipo di controllo.”

PIETRO MENNEA
“Il doping è un problema che non si risolve, una lotta persa in partenza; non c’è una soluzione, perché non la vogliono una
soluzione!

Io non propongo niente, una volta che ho proposto mi hanno dato addosso tutti. Il problema è talmente complesso che non
richiede una proposta o una soluzione. La lotta antidoping, è una lotta persa in partenza. Fino a quando i controllanti nominano i controllori come fai a sconfiggere questa cosa?

SALVATORE ANTIBO
“Si può uscire dal doping con controlli delle urine e del sangue a tutti gli atleti, anche se dopo la competizione lo sportivo è
affaticato e quindi potrebbe essere pericoloso.
Sulla Procura antidoping posso dire che è qualcosa che serve, perché non si può continuare con questi livelli. È necessario
impegnarsi per ripulire lo sport da coloro che lo hanno messo in pericolo.”

FABRIZIO MAFFEI
(Giornalista sportivo RAI)
“È chiaro che il problema doping è un problema reale, importante, credo sofisticato, basti pensare alle tecniche utilizzate dai
medici.
Per stabilire chi fa uso di sostanze dopanti, l’esame del sangue è la cosa migliore.
Sono favorevole alla Procura Antidoping, anche se il discorso deve nascere da più lontano, dalla cultura.
Bisognerebbe comunque fare una distinzione fra le sanzioni per gli atleti e le sanzioni per medici e preparatori. Gli atleti molto
spesso sono non colpevoli, addirittura talvolta assumono dei farmaci senza sapere cosa siano, affidandosi nelle mani di staff
senza coscienza.
Credo che sia giusto fare una differenziazione di colpa: una squalifica per l’atleta, un reato penale per i medici, per i quali vedrei addirittura un’estromissione dall’albo professionale.”

GIACOMO CROSA
(Giornalista sportivo Mediaset)
“La lotta al doping non si fa dicendo che il doping fa male alla salute, ma con la consapevolezza che è soprattutto una truffa,
quindi un insulto alla morale. Al limite, il doping dei grandi campioni potrebbe non interessare nessuno, fanno del male alla loro salute, al loro fisico.
La cosa secondo me più importante è la truffa che gli atleti perpetuano nei confronti dello sport, dello spettatore e degli altri
avversari, quindi se c’è una proposta di legge deve essere fatta sul fronte della truffa e non sul fronte della tutela della salute di
chi si “dopa”.
La legge sul doping deve essere una legge penale, ribadisco: perché è una truffa nei confronti di chi partecipa alla stessa gara e di chi fa da spettatore o telespettatore.
Il primo responsabile fra tutti, checché se ne possa dire, è sempre l’atleta perché nessuno di loro è obbligato a prendere il farmaco
doping neanche se gli mettono la pistola alla fronte, quindi deve pagare.
Il secondo responsabile è il medico, perché il doping di oggi non è quello stregonesco di una volta che passava attraverso le
valigette dei massaggiatori e l’atleta non sapeva: è un doping altamente scientifico e quindi i responsabili sono i medici che
spalleggiano l’atleta nell’assunzione delle sostanze, e aggiungo spesso e volentieri sono gli atleti che vanno a cercare gli
spacciatori di doping.
Sulla Procura Antidoping, credo che porti a molto poco, io credo che il problema doping si risolva con una struttura autonoma al
di fuori dello sport, senza alcun legame col mondo dello sport e che non abbia vincoli di nessun tipo senza alcun compromesso.
Sarà molto difficile, ma se vi deve essere un elemento giudicante investigatore del problema doping deve essere fuori dal mondo
dello sport.”

CANDIDO CANNAVO’
(Direttore della Gazzetta dello Sport)
“Per uscire dal problema doping ci vorrebbe un bagno nell’onestà, altrimenti noi faremmo cinquanta leggi nuove e cinquanta altre
cose per eluderle. Questa è purtroppo la nostra vita di ogni giorno, anche al di fuori dello sport, che però non deve costituire un
alibi.
Tecnicamente non sono nelle condizioni di giudicare quale sarà per questa EPO il mezzo più idoneo per individuarla, però una
volta che dei corridori si offrono per gli esami del sangue in cui l’accertamento dell’EPO è sicuro: questo è già un primo passo,
anche se non penso che sia quello finale.
Fra qualche tempo basterà un esame dell’urina, ma se si aspetta sempre, come fanno le nostre commissioni del doping o le
commissioni mediche, di trovare il sistema sicuro, passano gli anni e non si è trovato niente.
Chiaro che l’esame del sangue non lo puoi imporre. Se c’è la disponibilidà dei corridori e si motiva per ragioni di salute, questo
potrebbe essere una chiave buona. Se tu stabilisci che per ragioni di salute se hai per esempio venti di emoglobina non puoi
gareggiare è già un fatto positivo.
C’è chi nega che dall’alto si possa imporre un esame del sangue, e dice che la libertà è individuale, e che il Tribunale
Internazionale lo boccerebbe ma se c’è una disponibilità e un consenso per ragioni di salute, secondo me il problema si può
risolvere o raggirare.
Sono favorevole alla Procura antidoping, a tutto quello che è serio, bisogna comunque non arrendersi e andare avanti.”

PROF. CARLO BERNASCONI
Presidente della Società Italiana di Emoglobina ed ordinario di
ematologia all’Università di Pavia e al Policlinico S. Matteo di Pavia “L’utilizzo dell’EPO nell’atleta non è di facile riscontro, anzi, tutt’altro che facile, ci sono comunque dei test per evidenziare la
stimolazione farmacologica di una produzione di eritropoietina rispetto ai meccanismi fisiologici.
Il rischio per chi fa uso di tale sostanza si manifesta se vengono superati le soglie: 50 per cento ematocrito e 17 per cento
emoglobina.
Per quel che riguarda il rimpiego dell’eritropoietina come stimolazione dell’eritropoiesi è chiaro che è un impiego in proprio che esopone l’atleta ad un rischio di doping e quindi occorre avvertirlo del rischio che sta correndo.
Le commissioni sportive dovrebbero dare la gestione di queste cose a degli esperti che conoscono sia la fisiotopologia della
produzione dei globuli rossi e sia i rischi che si corrono se questi globuli superano un dato livello.”

SEN. GIUSEPPE AYALA
(Sottosegretario alla Giustizia)
“Il Progetto di legge del senatore Calvi riprende sostanzialmente quello che noi avevamo detto nel 1994: occorre fare un grande
ordine in questo settore, soprattutto a tutela dell’atleta.
Gli atleti vanno tutelati perché lo sport è fatto da loro, non è fatto da chi lo nello sport ha altri ruoli.
Trovo che bisogna riordinare e dare una disciplina seria in questo settore che può essere potenzialmente distruttivo per l’intero
settore agonistico.
Per non partire da nessuna condanna aprioristicamente in qualche maniera, che forse poi nasconde anche una riserva mentale, io
dico che spesso capita che l’atleta scopre che è la vera parte lesa, perché viene adoperato, usato e senza una vera preparazione
atletica alle spalle dopo qualche anno la carriera giunge al termine.
Il ruolo fondamentale è scegliere una delle due posizioni: l’atleta mai colpevole, l’atleta sempre colpevole. Bisogna trovare una
linea equilibrata e ragionevole. L’atleta è un soggetto da proteggere, non da punire, tranne nei casi in cui è responsabile.”

Vincenzo Lombardo

Torna a inizio pagina