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Luigi Tripisciano 40 anni di Giornalismo
di Dario Miceli
Intervista di: Licia RAimondi


Una voce, un volto, un nome, sintetizzano la storia del giornalismo radiotelevisivo in Sicilia. La voce, il volto, e il nome di Luigi Tripisciano, 60 anni, fino a poche settimane fa direttore della sede Rai di Palermo, in pensione dal 1° gennaio 1998. Tripisciano è il giornalista che ha visto nascere e crescere la televisione in Sicilia: dalla trasformazione della Rai da struttura radiofonica a televisiva, ai primi "contributi" della sede regionale di via Cerda al Telegiornale nazionale. Dall'epoca del monopolio della Rai alla "liberalizzazione della comunicazione via etere. Dalla corsa alle "concessioni", da parte degli editori siciliani, per potere dare o tenere in vita le loro emittenti; alla rincorsa della concorrenza da parte dei "pionieri" del servizio pubblico, quando esplose nell'isola il boom delle tivù private.
Quando cominciò a lavorare per la Rai Tripisciano aveva appena 18 anni. Allora si trasmetteva soltanto in radio. E per realizzare i servizi giornalistici si usavano ingombranti marchingegni "a manovella", che l'allora giovanissimo cronista appena assunto nella redazione di Sicilia sport imparò subito a muovere. Poi venne l'era della televisione; e con essa delle prime telecronache di Tripisciano alle partite di calcio (il Palermo, allora, qualche volta riusciva ancora ad arrivare in serie A). Dalle macchine "a manovella" si passò ad apparecchiature più sofisticate. Sempre più. L'innovazione tecnologica entrò di prepotenza nelle redazioni, con l'invasione dei computer che soppiantarono le tanto rumorose, quanto musicali, macchine da scrivere.
La storia della comunicazione televisiva con i suoi progressi e le sue battute di arresto si intreccia con la carriera di Tripisciano. La sua voce ha accompagnato per anni le domeniche pomeriggio degli appassionati di sport. Le sue radiocronache di automobilismo; di ciclismo, di calcio, sono diventati appuntamenti irrinunciabili per molti siciliani. Ma non soltanto di sport, si è occupato Tripisciano. Era la sua, nel 1982 la voce che raccontava la visita del Papa in Sicilia, sue telecronache da piazza Politeama e dai Cantieri navali. Ora Tripisciano se ne va in pensione, dopo avere percorso tutti i gradini della carriera da redattore a direttore di sede. Ma uno come lui non può uscire di scena. Infatti ha già in cantiere una serie di progetti per il futuro di cui ci parla nell'intervista rilasciata ad Albaria. Va in pensione, senza rimorsi né rimpianti. Con umiltà; la stessa con la quale aveva messo piede per la prima volta nella sede Rai di Palermo; nel 1955. La stessa umiltà che raccomanda di non perdere ai giovani che vogliono intraprendere la carriera giornalistica con una certa divisione dei ruoli. "Oggi è diventato troppo facile conquistare il microfono" dice.
E certo, per uno come Tripisciano, giornalista Rai della prima generazione, quella delle gavette e dei sacrifici immensi per riuscire a conquistarsi il proprio spazio; la cosa più difficile forse più che apprendere le nuove tecnologie, deve essere stato accettare la "logica" della lottizzazione politica. Delle carriere costruite nelle segreterie dei partiti politici; piuttosto che nelle redazioni giornalistiche. Ma a Tripisciano la Rai lottizzata non ha potuto affibbiare alcuna etichetta. E allora gliene è stata costruita una su misura: quella di "aziendalista".
Adesso dopo quarant'anni di attività; Tripisciano va in "panchina" ma con la grinta di sempre.
Volevamo rapire Luigi Tripisciano e alla fine è stato lui a rapire noi, volevamo sommergerlo di domande e lui ci ha sommerso di ricordi, esperienze, gioie e amarezze del passato, ci ha preso per mano e con la sua caratteristica voce, di quelle che “sfondano l’audio”, ci ha ricondotto attraverso la storia della sua formazione e della sua carriera professionale, ci ha conquistato col fare disinvolto di un uomo dalla personalità dinamica ed intraprendente.

“Anno nuovo vita nuova” per Tripisciano, che dal primo gennaio si prende un meritato riposo dopo 40 anni di servizio per la Rai, ma che è “patron” del giornalismo radiotelevisivo della nostra isola, giornalista innovatore, voce dello sport a livello nazionale nonché prima voce della Rai a Palermo. Il nostro personaggio si racconta ad Albaria rivisitando con occhio critico la storia di un mondo che oggi affascina molti: quello dell’informazione radio televisiva.
Tripisciano, quando ha iniziato la sua carriera di giornalista?
“Ho iniziato nel ‘53 a scrivere per la Sicilia di Catania, quando avevo solo 16 anni. Nel ‘55 ho iniziato a collaborare per la Rai, nel ‘56 sono entrato alla redazione della trasmissione radiofonica “Sicilia sport”. Ma soltanto nel ‘57 ho confezionato il mio primo servizio alla radio. Ricordo ancora che dovevo sostituire un collega per un’emergenza, l’argomento trattava di ciclismo... Allora era necessaria una lunga gavetta”.
E aggiunge con un pizzico di sarcasmo:
“Non si verificava con tanta facilità che i giovani giornalisti riuscissero a conquistare il microfono... cosa che invece oggi accade provocando una “parziale perdita di identità” per la Rai”.
In che senso?
Fino a qualche anno fa erano poche le voci e i volti che andavano in onda e che rappresentavano la Rai. Oggi invece la sua identità é “scissa” in innumerevoli “rappresentanti”.
I sistemi di registrazione, a quei tempi ancora rudimentali, le causavano qualche problema?
“Si. Ricordo che si usava il Nagra II a manovella. Sistema talmente scomodo che oggi attribuisco la tendinite di cui soffro al “gomito del nagrista”!
Siamo dunque ancora ai primordi della carriera, quando nel giugno del 60 Tripisciano realizza, sempre in ambito sportivo, il primo servizio televisivo “fatto tutto da sè”; il Palermo è in serie A e la televisione trasmette in bianco e nero.
“Nella prima metà degli anni 60 quando conducevo il “gazzettino di Sicilia” (insieme ad Enzo Aprea e Aldo Scimé), con il capo redattore di allora Mimmo Giordano Zir abbiamo “inventato” il sistema di conduzione del giornale radio. Nel 1971 sono stato nominato radio telecronista: era la prima volta che veniva istituzionalizzata questa figura: il 15 dicembre del 79 ho iniziato per primo la conduzione del Tg regione”.
Lei è stato il “verbo” dell’automobilismo per i siciliani, ci riferiamo alla Formula 1 e alla Targa Florio. Qualche ricordo?
“Ricordo con molto piacere quando ero radiocronista dei mondiali di Formula 1 dell’84/85; i miei collegamenti domenicali duravano molto, dai sei ai sette minuti, la Ferrari era in testa, poi ha mollato...
Per quanto riguarda la Targa Florio facevo dalle tre alle quattro ore di radio cronaca e insieme a Mario Vannini ho escogitato il sistema di “postazione intermedia”.
Lei è un giornalista “poliedrico”, si è occupato un po’ di tutto, è uno stakanovista, instancabile nel lavoro, ma è rinomato soprattutto per lo sport...
“E’ vero, mi dispiace quando spesso ci si ricorda di me solo in ambito sportivo. Mi sono occupato anche di altro, per esempio quando è venuto il Papa a Palermo nell’82 ho fatto addirittura due telecronache in un giorno: una da piazza Politeama e l’altra dai Cantieri navali; poi nel luglio del 1983, mentre facevo una radio cronaca a Pergusa in occasione del Gran Premio del Mediterraneo di Formula 3000, mi giunse la notizia dell’attentato al giudice Rocco Chinnici. Dovetti correre per la telecronaca dei funerali a Palermo, il sabato, per poi ritornare a Pergusa per la radiocronaca della domenica...”
Vanta anche la collaborazione a “Minuto per minuto”, a “Novantesimo minuto” quando conduceva Paolo Valenti. Durante i mondiali del ‘90 presentava le partite ed ha commentato il campionato di serie B sulla rubrica di Aldo Biscardi “Domenica sport” negli anni 82/84. Ha anche lavorato nel “Processo”. Come ha vissuto il fenomeno della lottizazione degli anni 80 e in generale quali sono i suoi rapporti con la politica?
“L’influenza della politica sul “servizio pubblico” c’é sempre stata, prima e dopo gli anni 80. Vorrei comunque, precisare che la lottizzazione, quando è stata applicata, ha agevolato soprattutto le assunzioni, o certe promozioni, perché in Rai ci sono professionalità di assoluto rilievo e anche i così detti “lottizzati” riescono a svolgere il loro lavoro con grande indipendenza. Per quanto mi riguarda, ho sempre cercato di non essere di parte, ma anche aldilà della politica, e non trovandomi un’etichetta, più volte sono stato definito un “aziendalista”, dedito soltanto al mio lavoro.
Ho lavorato invece per 10 anni nel sindacato rai e ho svolto un ruolo nel direttivo nazionale. Da trentanni mi occupo dell’USSI il sindacato dei giornalisti sportivi italiani.”
Nel ‘86 Tripisciano è stato nominato vice capo redattore vicario. Ha avuto come caporedattori Nino Rizzo Nervo (attuale direttore del Tgr), Giordano Zir e Albino Longhi (ex-direttore del Tg1). Lasciata la redazione, il 1 giugno del ‘94 gli è stata assegnata la direzione della sede Rai Sicilia, incarico che ha esercitato per 3 anni e 7 mesi: infatti dal 1 gennaio del 98 è in pensione.
“Ancora non me ne sono accorto” dice Tripisciano.
Una persona ancora cosi attiva e dinamica come lei che progetti ha per il futuro? Ha pensato di fare l’opinionista?
“Sì, in realtà ci ho pensato, ma sicuramente vorrei continuare a svolgere attività giornalistica in ambito sportivo e magari riprendere a praticare, dopo 40 anni, atletica e ciclismo.
Non mi dispiacerebbe inoltre continuare a condurre una rubrica radiofonica che ho curato per 31 anni e che ha per argomento il mondo delle automobili; continuerò sicuramente ad essere corrispondente per “Tutto sport” come faccio dal 61.”
Quando in Sicilia sono nate le tv private locali la Rai come ha affrontato la “convivenza nell’etere”?
“All’inizio l’ovvio calo dei dati d’ascolto causato dalla rivalità con le tv locali ha provocato un contraccolpo, doveva essere la Rai ad adeguarsi soprattutto nell’impostazione dei servizi, che dovevano essere meno specifici a livello territoriale. Una delle prime conseguenze per la Rai regionale del nuovo panorama mediale è stata la morte di Sicilia sport”.
Ha seguito qualche programma nelle tv private che le è particolarmente piaciuto?
“Non seguo di consuetudine le tv locali e se lo faccio avviene distrattamente, dunque non esprimo giudizi. In linea di massima penso ci sia gente “non sufficientemente preparata” per la televisione.”
Tra le varie persone che hanno lavorato con lei chi ricorda con nostalgia?
“A parte molti colleghi giornalisti mi piace sottolineare la presenza nei nostri programmi, quando era alle prime armi, di Michele Guardì, che adesso è regista di trasmissioni di grande successo, e di Peppuccio Tornatore, che per un breve periodo ha sostituito una regista-programmista in maternità lasciandoci per raggiungere ben altri traguardi...”
Secondo lei quali sono le caratteristiche del modo di fare giornalismo oggi rispetto a ieri?
“Il giornalista in Rai dovrebbe essere un “generico specializzato”, pronto ad occuparsi di tutto: ciò oggi avviene meno poiché la maggiore disponibilità di giornalisti sta portando di fatto alle “redazioni tematiche” con una certa divisione dei ruoli. ”
Per concludere, cosa consiglierebbe ai giovani giornalisti?
“In questo campo non ci si può permettere mai di avere delle certezze: occorre invece molta, molta umiltà.”


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