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Abbiamo gia' sottolineato piu' volte che Enrico Forti tacque sulla circostanza dell’arrivo di Dale (15 febbraio) e quindi omise la verita' sull’incontro all’aeroporto di Miami, fino al momento in cui l’evidenza degli accertamenti della polizia non lo obbligo' ad ammetterla (20 febbbraio). Se si volesse essere molto duri su questo punto, si potrebbe sostenere che la menzogna si prolunga per quattro giorni: dalla data dell’assassinio alla data in cui Forti, davanti alla polizia, ammette per la prima volta di aver accompagnato la vittima al parcheggio del ristorante Rusty Pelican. Questa ammissione non avvenne in modo spontaneo, ma fu il risultato di una vera e propria trappola. Forse legittima e ammissibile, secondo il sistema americano, ma ottenuta con l’inganno. Di certo, questo modo di procedere non sarebbe mai stato accettato nel nostro sistema. Ecco che cosa accadde: Tony Pike, che inizialmente avrebbe dovuto viaggiare con il figlio Dale verso Miami, parti' invece mercoledi' 18 da Madrid verso New York dove avrebbe dovuto soggiornato da un’amica, Jane Fredericks, una donna che anche Forti conosceva. Nelle stesse ore in cui Tony Pike volava da Madrid alla volta di New York, anche Enrico Forti era in volo da Miami verso New York, forse perche' vi era in programma un incontro d’affari. Prima dell’arrivo di entrambi, la detective Catherine Carter aveva raggiunto telefonicamente Jane Fredericks a casa, comunicandole che il figlio di Tony era stato ucciso. La Fredericks comunico', a sua volta, la terribile notizia a Tony Pike non appena quest’ultimo, sbarcato all’aeroporto jfk di New York, le telefono'. Tony non ebbe il tempo di raggiungere la citta' perche' la polizia lo fece imbarcare subito sul primo volo diretto a Miami. Enrico Forti, appena arrivato a New York (erano le 17:30 di mercoledi' 18 febbraio 1998), chiamo' la Fredericks che prese tempo dicendogli di ricontattarla dopo 15 minuti. Solo nel corso della seconda telefonata Chico seppe da lei che Tony Pike era dovuto andare direttamente a Miami, che Dale era stato ucciso ed il suo corpo ritrovato a Miami. L’imprevisto lascio' perplesso Forti, che dalla Fredericks seppe di doversi mettere in contatto con la detective Carter del Dipartimento di Polizia di Miami. Secondo la Fredericks, Forti avrebbe ribattuto accennando di annoverare tra le sue conoscenze un ex funzionario di polizia che si sarebbe potuto interessare del caso. Chiusa la comunicazione, Enrico Forti raggiunse telefonicamente proprio questo funzionario di polizia – individuato in Gary Schiaffo (vedremo poi quale sara' il suo ruolo nel filmato realizzato dal Forti sull’omicidio Versace/Cunanan) – al quale manifesto' tutta la sua preoccupazione per cio' che era successo e che sarebbe potuto accadere a Tony Pike. Forti aggiunse che il 15 febbraio era andato all’aeroporto per prelevare Dale Pike, aspettandolo per circa due ore ma di non averlo visto. L’ex detective Schiaffo telefono' al dipartimento di polizia di Miami e apprese che il caso era investigato dalla collega Carter, alla quale Forti avrebbe dovuto rivolgersi. Quest’ultimo non perse tempo e, addirittura, fece invertire la marcia al tassista, che era gia' diretto verso casa della Fredericks, invitandolo a dirigersi in aeroporto. Da li', si imbarco' sul primo volo diretto a Miami. L’aereo di Forti decollo' dall’aeroporto La Guardia e atterro' a Miami alle 23:30, prima di quello su cui viaggiava Tony Pike, che era partito dall’aeroporto J.F.Kennedy e atterrato alle 00:45 Cosi' Forti attese al gate l’arrivo dell’anziano Pike. In questo momento la polizia di Miami escogita quello che in americano e' detto trick. Da noi lo si definirebbe piu' semplicemente proprio con il nome di trappola. La detective Carter sali' sull’aereo e rimase con Tony Pike attendendo che tutti i passeggeri scendessero. Il detective Silva ritiro' il bagaglio di Pike. La Carter e Pike scesero dall’aereo alle 1:15 raggiungendo l’ufficio della TWA. Forti attese invano lo sbarco di Pike nel posto in cui tutti i passeggeri dovevano transitare obbligatoriamente. Testimone della sua attesa fu Jacqueline Campbell, impiegata della TWA, che aveva gia' ricevuto precise istruzioni dalla polizia. La Campbell conosceva Forti e percepi' la sua preoccupazione poiche' il passeggero che stava aspettando non era ancora arrivato. A dire della hostess, Forti aveva espresso piu' volte rincrescimento e dubbio sulla propria scelta di tornare a Miami senza tentare prima di rintracciare Tony Pike a New York. Mentre il nervosismo e la tensione per l’attesa crescevano, la polizia diede istruzioni alla Campbell affinche' non destasse alcun sospetto in Forti, anche se quest’ultimo si era fatto pressante per aver notizie. Comunque i suoi movimenti all’interno dell’aeroporto erano gia' controllati a vista dalla polizia.
Forti ando' via dall’aeroporto con la
consapevolezza che Tony Pike si era volatilizzato e che ormai la polizia
conosceva l’identita' dell’uomo ritrovato a Sewer Beach. Nella falsa ricostruzione resa dal funzionario di polizia, la vittima era stata soppressa a New York, appunto, in un periodo di tempo contemporaneo alla presenza del Forti in quella citta'. Questa menzogna porto' il Forti a mentire a sua volta. E si puo' anche capire perche': due omicidi, con le stesse modalita' di azione, con il medesimo movente, a pochi giorni l’uno dall’altro, con un solo possibile sospettato, erano davvero difficili da giustificare.
Alle 20:15 la Carter ed il detective Gonzales presero una dichiarazione giurata dal Forti, fino alle 22:15. Egli racconto' dei rapporti economici e d’affari con Pike, ma sulla domanda relativa alla sera del 15 febbraio e al prelevamento di Dale sostenne di non averlo incontrato ribadendo la tesi gia' esposta al detective Gonzales. Evidentemente Forti si rese conto dell’inattendibilita' delle proprie dichiarazioni e la sera del giorno seguente (20 febbraio alle 19:15) si presento' di nuovo alla polizia che, stavolta, lo arresto' segnalandogli il suo stato di indagato, ma negandogli l’immediata assistenza di un legale. Anche in questa nuova veste, Forti confermo' le sue dichiarazioni precedenti e solo quando comprese che la polizia aveva le videoregistrazioni degli arrivi all’aeroporto di Miami e la prova di una chiamata in uscita dal suo cellulare (da una zona non lontana dal luogo dell’omicidio), allora ammise di avere prelevato Dale in aeroporto Forti capi' in seguito alle menzogne dette di essere arrivato al capolinea. Per scaricarsi di ogni responsabilita' riguardo all’omicidio di Dale Pike, ammise tutto quello che la polizia di Miami probabilmente gia' sapeva. Racconto' che durante la mattinata del 15 febbraio Thomas Knott era andato a trovarlo nel suo appartamento e gli aveva riferito di aver saputo che l’arrivo di Dale coincideva con l’arrivo del suocero a Fort Lauderdale. Knott aveva anche detto a Forti di non preoccuparsi perche' quell’intoppo si sarebbe risolto grazie a un amico che avrebbe ospitato Dale a Key Biscayne. Bastava soltanto accompagnare Dale in quel luogo. La detective Carter apprese dall’indagato altri particolari al riguardo. Confessioni che poi saranno riferite ai giurati nel corso del dibattimento. Al ristorante Rusty Pelican, nel cui parcheggio Enrico Forti avrebbe condotto Dale, si sarebbe trovato un amico di Thomas Knott, e Dale sarebbe poi salito su una Lexus bianca che attendeva nel parcheggio con le frecce di stazionamento accese. La stessa notte dell’arresto la polizia di Miami accompagno' l’indagato nei luoghi in cui si erano svolti i fatti e Forti presto' il consenso alla perquisizione della sua auto e del suo appartamento, e anche al prelievo di sangue per ogni accertamento di comparazione, esteso pure al DNA. Mentre accadeva tutto cio', Forti era convinto di essere sospettato del duplice omicidio.
La trappola aveva prodotto i suoi effetti
ma, nel contempo, aveva inquinato in modo non piu' rimediabile i diritti
del soggetto sottoposto a indagine, cioe' il suo diritto di difendersi da
un’accusa chiara, specifica e circostanziata. (InserireAllegato 2 profilo Enrico Forti) Menzogne o disperazione?
Esaminiamo, adesso, quali dichiarazioni rese
Enrico Forti alla Polizia di Miami in quella notte e cerchiamo di
valutare se dietro quella mancata verita' (perche' sul fatto che
l’imputato menti' non vi sono dubbi di nessun genere) vi sia stato un
atto di coercizione, una strategia diretta a prendere tempo sulle
investigazioni oppure, piu' semplicemente, paura.
e' necessario evidenziare che l’audizione del
Forti comincia alle 20:15 della sera del 19 febbraio 1998 e formalmente
si conclude due ore dopo, alle 22:15, condotta
dai detective Carter e Gonzales
Il verbale e', pero', fedele al contenuto probatorio delle dichiarazioni.
Domanda: Puo' declinare le sue generalita'? Risposta: Si'. Mi chiamo Enrico Forti e sono nato a Trento l’8 febbraio 1959. Risiedo a San Remo, via Nuvoloni 81. Domanda: Lei risiede in Miami?
Risposta: Io risiedo cinque
mesi l’anno a Miami ed il resto dell’anno in Europa, Sono sempre in giro
e passo buona parte della mia vita a Monte Carlo. Viaggio spesso in
Francia e Germania. Sono spesso sulle televisioni di Francia e Germania. Risposta: C 205 3700 Island Boulevard a Williams Island, Aventura, Florida. Domanda: Ha un numero di carta sociale? Risposta. No. Domanda: Le chiedero' di una persona che si chiama Anthony Pike, puo' riferirci quando lo ha conosciuto? Risposta: L’ho incontrato per la prima volta alla fine di novembre del 1997 a Williams Island. Domanda: Venne a trovarla? Risposta: No. Non venne a trovare me. Venne a trovare un tedesco che viveva li'. Il suo nome e' Tom Knott. Domanda: Lei conosce il Knott? Risposta: Si'. Domanda: Da quanto tempo lo conosce? Risposta: Probabilmente da circa otto o nove mesi. Domanda: Dove lo ha conosciuto? Risposta: A Williams Island, viveva proprio sotto il mio appartamento ed e' sempre in piscina. Viviamo nello stesso complesso immobiliare. Domanda: e' giusto dire che lei ha conosciuto Pike allorche' questi venne a trovare il Knott? Risposta: Si'. Domanda: Quali sono le sue relazioni con il Pike? Risposta: Amicizia e affari. Domanda: Che tipo di affari? Risposta: Ho una joint venture su un albergo. Ho comprato il cinque per cento della proprieta' dell’albergo. Domanda: Come si chiama l’albergo? Risposta: Hotel Pikes. Ha lo stesso nome di Anthony ma con una S finale. Domanda: Dove si trova? Risposta: Ibiza, in Spagna. Un’isola a sud della Spagna nel Mare Mediterraneo. Domanda: Cosi', lei ha conosciuto Pike in novembre e subito e' divenuto proprietario di una parte dell’albergo? Risposta: Si', perche' lo scopo della visita in America del Pike era proprio quella di trovare investitori per l’albergo. Pike cercava persone interessate all’investimento nell’albergo. Domanda: Come era determinato il suo investimento? Risposta: All’inizio non ero interessato affatto, ma poi me ne sono interessato per il fatto che fosse frequentato da numerose celebrita'… io lavoro non lontano da quei giri perche' mi occupo di affari nel campo delle pubbliche relazioni e compresi che l’albergo poteva diventare un affare. Domanda: Lei e' mai stato presso quell’albergo? Risposta: Certamente. Domanda: Quando? Risposta: Vi andai, ma non ricordo esattamente la data, e vi andai con Anthony Pike proprio in ragione dell’affare. Vi rimasi solo un giorno perche' subito mi recai in Italia per adempiere a numerosi impegni. Lasciai l’albergo presto al mattino. Domanda: e' corretto dire che lei e' stato in quell’albergo solo due volte? Risposta: Si'. Una seconda volta vi rimasi per tre o quattro giorni. Visitammo Bankalov e al contempo visionammo tutto quello che era necessario per concludere l’affare, fui presentato al personale, al notaio, a tutti coloro che lavoravano per l’albergo, financo all’idraulico. Domanda: Quando furono realizzate le attivita' preparatorie per l’affare? Risposta: Precisamente non ricordo. Penso che fosse la terza settimana di gennaio. Ritornai da Monte Carlo e volammo ad Ibiza, era un venerdi'. Pero' non ricordo esattamente quando. Domanda: L’atto fu realizzato in Ibiza? Risposta: Si'. Presso l’ufficio di un notaio ad Ibiza. Domanda: Si ricorda il nome del notaio? Risposta: Potrei essere piu' preciso se avessi potuto usare il mio… e' possibile che il nome sia German o qualcosa di similare… German Le'on o qualcosa di similare. Il commercialista si chiama Pepe Serra. Domanda: Insistiamo. Conosce il nome del notaio? Risposta. Le'on German. Il nome puo' desumersi dagli atti. e' indicato negli atti. Domanda: Lei possiede il cinque per cento della societa'? Risposta: Si'. Domanda: Espresso in dollari, a quanto ammonta la quota? Risposta: Non vi e' un esatto ammontare perche' potrebbe stimarsi venti o venticinquemila dollari visto che vi sono molte cose da considerare. Sull’albergo pesa un mutuo pari a circa quattrocentomila dollari. Vi sono prestiti personali da garantire per circa duecentomila sterline.
Domanda:
A quanto corrisponde in dollari? Vi e' poi da dire che non e' facile raggiungere l’albergo e che bisogna veramente conoscere la strada per arrivarvi essendo lontano dai normali percorsi stradali. Il fatto che si lavori soltanto nei mesi di luglio, agosto e settembre e' molto limitativo. Domanda: Insomma, e' un buon investimento? Risposta: Si'. e' un buon investimento, una sfida per il futuro, qualcosa su cui puntare. Domanda: Puo' quantificare il valore di questo investimento o no? Risposta: Il mio investimento supera il valore del cinque per cento ma e' un guadagno di lungo periodo. Non e' certamente qualcosa da valutare adesso o nel breve periodo. Domanda: Puo' quantificare il denaro che ha versato per questo investimento? Risposta: Beh… vi ho messo il mio tempo, il denaro che ho versato negli ultimi due mesi, accrediti di contante, pagamenti dei mutui. Ho comprato anche un’auto per Pike. Si tratta di una somma che eccede centomila dollari. Domanda: Quindi possiamo dire che ha investito centomila dollari? Risposta: Si'. Forse centocinquantamila dollari, duecentomila se calcolo il mio tempo. Non posso certo valutare il valore del tempo che vi ho speso. Domanda: Perfetto. Prendiamo per buona la complessiva somma di duecentomila dollari. Adesso puo' chiarirci chi era presente davanti al notaio quando si concluse l’affare? Risposta: Il commercialista, io stesso, Anthony. Vi ricordo che il notaio in Europa e' come un giudice. La sua funzione ed il suo ruolo sono completamente diversi rispetto a quello americano. Domanda: Non porto' alla negoziazione un suo avvocato? Risposta: Non ve ne era alcun bisogno. In Europa se si perfeziona un contratto e si va dal notaio e' come se si andasse da un giudice. Si sottoscrive davanti a lui e lui verifica la bonta' di quello che i contraenti vogliono concludere. e' il notaio che dice: «e' chiaro il contenuto dell’atto che state firmando? e' a voi del tutto chiaro?». e' il notaio che controlla tutto, che verifica se tutto e' regolare e dopo la sottoscrizione consegna una copia a ciascuno dei contraenti. Domanda: e' questo il modo di concludere gli accordi in Europa? Risposta: Si'… forse piu' complicato rispetto agli Stati Uniti pero' piu' sicuro. Domanda: Perfetto. Dunque, quando ha visto per l’ultima volta Tony Pike? Risposta: Ho visto Tony Pike per l’ultima volta quando ho lasciato Ibiza. Era la fine di gennaio o gli inizi di febbraio. Ricordo che non stavo bene in salute anzi ero proprio a terra se e' vero che per imbarcarmi in aereo mi introdussero con una sedia a rotelle. Avevo febbre alta e sentivo un freddo terribile. Domanda: Ha mantenuto comunicazioni telefoniche con Tony Pike? Risposta: Certamente. Ogni giorno. Domanda: Per lettera o per telefono? Risposta: Telefono, lettere, fax… quasi ogni giorno. Domanda: Quando gli ha parlato per l’ultima volta? Risposta: Gli ho parlato quando ho comprato i suoi biglietti d’aereo. L’altroieri. Domanda: Che tipo di biglietti aveva comprato? Risposta: Un biglietto via Madrid, Madrid/New York, New York/Miami. Domanda: Quale motivo aveva Tony Pike per venire a Miami? Risposta: Doveva stare qui per un po’ di tempo perche' forse era suo desiderio aprire un albergo come il Pikes Hotel qui a Miami. L’albergo avrebbe lavorato nei mesi in cui quello di Ibiza era chiuso. Avrebbe cercato di far convergere a Miami le persone che frequentavano il suo albergo d’estate. Domanda: Un’idea, quella di Pike, che pure lei promuoveva… Risposta: Si', certo. Io stesso avevo cercato un albergo in Ocean Drive, ma i prezzi in quella zona erano proibitivi. All’inizio il prezzo trattato era di 2,7 milioni di dollari. Sette mesi dopo era lievitato a 6-7 milioni di dollari, cosi' ho lasciato perdere. Cercavo qualcosa sui 2-3 milioni di dollari. Domanda: Dunque, lei ha detto che il volo avrebbe fatto uno stop a New York. Perche'? Risposta: A New York dovevamo incontrare il Vicepresidente dello Sheraton Itt Corporation. Si trattava della societa' che possiede il grande albergo e casino' “Caesar’s Palace” di Las Vegas. La persona che dovevamo incontrare si chiamava Jay Forbay. L’idea era quella di realizzare, a Las Vegas, uno spettacolo simile a quello che stavo organizzando a Parigi per il quattro di luglio. Dovevamo contattare personaggi famosi, conosciuti da Anthony Pike, per farne dei testimonial dell’iniziativa… Domanda: Perfetto. Ebbe ad incontrare questo signore? Risposta: No. Arrivai a New York… o meglio arrivai a circa centocinquanta metri dall’albergo dove avrei dovuto alloggiare quando ricevetti, per telefono, la notizia da Jane Fredericks. Mi disse cosa era accaduto a Tony ed a suo figlio. Io dissi soltanto al tassista di fare retromarcia. Chiesi a Jane Fredericks: «Per piacere, aiutami a prendere il primo volo per Miami perche' devo ritornare al piu' presto…». Domanda: Chi era Jane Fredericks? Risposta: e' un’amica di Anthony Pike che viveva a New York e che era per noi un punto di contatto telefonico. Tony, infatti, una volta arrivato a New York mi avrebbe aspettato presso Jane. Domanda: Era una fidanzata di Tony? Risposta: Si'. Diciamo una vecchia fiamma, per quello che ne so. Tony mi aveva mostrato fotografie in cui era ritratto nell’albergo di Ibiza in compagnia della Fredericks e cio' mi ha fatto ritenere che tra i due vi fosse stata una storia sentimentale in passato. Domanda: Quindi, lei chiamo' per sapere dove Anthony fosse finito? Risposta: No… non chiamai per questo. Dapprima le chiesi se Tony fosse arrivato e ne ebbi la risposta che la Polizia l’aveva chiamata e non sapeva bene cosa fosse accaduto. Io le chiesi: «Come mai Tony non e' da te?» e lei mi rispose: «Non e' da me. Non sai? Hanno ucciso suo figlio!». Ero scioccato. Poi Jane aggiunse che Tony era andato direttamente a Miami perche' avrebbe dovuto dare immediatamente una serie d’informazioni alla polizia. Domanda: Quali informazioni le diede la Fredericks sull’assassinio? Risposta: Nulla. Mi disse soltanto che il figlio era stato ucciso. Domanda: Le disse in quale modo era stato ucciso? Risposta: Mi disse che non sapeva nulla di preciso e che non aveva informazioni chiare. Non sapeva neppure se Tony fosse a conoscenza della tragedia e in quale modo gli fosse stata comunicata. Per questo motivo chiesi a mia moglie di andare subito in aeroporto ad attendere Tony, perche' potesse dargli un sostegno ed un aiuto. Mi disse che Tony doveva essere gia' partito alla volta di Miami o era ormai prossimo alla partenza. Domanda: Da quel dialogo con la Fredericks aveva tratto l’idea che Tony era arrivato a New York e ne era ripartito o che, arrivato, sarebbe stato imbarcato sul primo volo per Miami? Risposta: No. Ero sicuro che fosse arrivato a New York in base agli orari. Ero io che avevo fatto i biglietti. Doveva arrivare prima di me. Domanda: Bene… appena appresa questa notizia lei cosa fece? Risposta: Telefonai a tutti quelli che potevano essermi d’aiuto. Telefonai a mia moglie per dirle di raggiungere Tony in aeroporto anche se poi realizzai di avere fatto qualcosa di pericoloso per la salute di mia moglie, che era incinta e quella dei miei figli, che sarebbero rimasti soli con il nonno che non era in grado di accudirli. Chiamai Gary Schiaffo, un ex detective che aveva diretto le indagini per il caso Cunanan, e gli chiesi: «Per piacere, detective, so che ormai sei in pensione ma forse puoi aiutarmi lo stesso. Il figlio di un mio amico e' stato ucciso o gli e' accaduto qualcosa. Puoi aiutarmi a comprendere cosa e' accaduto, poiche' le informazioni che ho avuto sono confuse. Puoi farmi sapere qualcosa di piu'? E, ancora, lo stesso mio amico dovrebbe arrivare a Miami. Puoi per piacere aiutare mia moglie a raggiungere l’aeroporto per accoglierlo?». Domanda: E cosa le disse Gary? Risposta: Mi disse: «Non temere, chiamero' subito ma puoi spiegarmi meglio?» e io risposi: «Non so proprio Gary, mi hanno telefonato e mi hanno detto che questo mio amico e' stato ucciso. Non so null’altro. Ad informarmi e' stata una signora che vive a New York dove avrei dovuto incontrare Tony. Le informazioni sono parte del tuo lavoro». Cio' dissi perche' quando per la prima volta incontrai Gary, egli era stato con me associato per la realizzazione di un programma televisivo. Mi avvalevo della sua grande esperienza in materia di omicidi. Cosi' immediatamente pensai a lui. Era l’uomo giusto. Gary mi assicuro' che mi avrebbe aiutato e che avrebbe aiutato mia moglie fino a quando fossi atterrato a Miami con il primo volo possibile, anche se decise di rimanere a casa da dove sarebbe stato piu' facile coordinare ogni cosa. Domanda: Oltre a Gary Schiaffo telefono' ad altre persone? Risposta: Chiamai il mio albergo a New York per disdire l’appuntamento con Jay Forbay. Domanda: Altre telefonate? Risposta: Chiamai la TWA per prenotare un nuovo posto in aereo. Riuscii a trovarlo su un volo che partiva dall’aeroporto La Guardia dove mi recai. Li' attesi il tempo necessario facendo altre telefonate anche alla Polizia di Miami e dicendo, con il mio pessimo inglese, che ero a disposizione per ogni necessita', a qualunque ora lo avessero voluto. Domanda: Bene… e cos’altro fece? Risposta: Attesi ancora all’aeroporto e chiamai al beeper, ancora una volta, il detective Gary Schiaffo. Chiamai mia moglie Heather perche' ancora attendeva all’aeroporto e mia moglie mi comunico' che Tony non era ancora arrivato. Cosi' pensai di lasciare che lei tornasse a casa e mi interessai direttamente con la TWA che mi comunico' che il ritardo dell’aereo che stava riportando Tony a Miami era superiore od ogni previsione e che, con tutta probabilita', io sarei arrivato prima di lui. Cosi' in effetti avvenne. Arrivai con un volo dell’American Airlines e subito mi recai al gate della TWA per vedere se Tony fosse arrivato. Mi addentrai, grazie ai miei biglietti, fino all’uscita del finger del volo dove sicuramente doveva essere Tony. Ma di lui neppure l’ombra. Aspettai, aspettai ed aspettai ancora. Chiesi, e mi dissero che dall’aereo doveva sbarcare soltanto una donna in carrozzella. Conoscevo bene l’impiegata della TWA e le chiesi di aiutarmi a capire se Tony si era imbarcato e dove poteva essere finito. L’impiegata si chiamava Jackie e cerco' nel computer riferendomi che Tony risultava regolarmente imbarcato con un preciso numero di posto ma che non sapeva perche' non era pervenuto all’uscita. Aspettai addirittura fino alle due di notte. Non vi erano ormai piu' di dieci passeggeri in attesa nell’intero aeroporto. Jackie mi disse che non potevo piu' attendere li', che avrebbe dovuto chiudere perche' il volo successivo sarebbe partito l’indomani mattina alle sette. Tornai a casa e anche da li' continuai a cercare anche presso gli alberghi per sapere se, per caso, Tony fosse rimasto a New York. Domanda: Continui… Risposta: Cercai di dormire ma non ci riuscivo. Dormii forse due ore e prestissimo al mattino chiamai l’albergo di Ibiza per sapere qualcosa di piu'. Rispose la voce della segreteria telefonica e io lasciai un messaggio dicendo se era possibile essere richiamato. Chiamai ancora una volta la Polizia di Miami e nessuno mi rispose cosi' lasciai un nuovo messaggio. Domanda: Chiamo' ancora una volta Gary Schiaffo? Risposta: Si', ma rispondeva una segreteria telefonica… Domanda: Dunque, lei ha fatto riferimento all’omicidio di Dale Pike. Lo conosceva? Risposta: No. Gli ho soltanto parlato per telefono numerose volte. Domanda: Gli ha parlato da Ibiza? Risposta: Gli ho parlato dalla Spagna e dal Marocco. Perche' mi chiesero se potevano andare oltre nell’acquisto di arredamenti per l’albergo da reperire proprio in Marocco. Li autorizzai a fare quegli acquisti. Cosi' andarono in Marocco e durante quel periodo ci parlammo al telefono numerose volte. Avevano anche una carta di credito American Express e non potevano usare la Visa. Cosi' Tony mi chiese il favore di trasferirgli del denaro dalla City Bank a Casablanca. Andai alla City Bank e feci di tutto per trasferire la somma che, tuttavia, non arrivo' a tempo visto che la data della loro partenza era prevista per domenica e gia' ci trovavamo a martedi' o mercoledi'. Cosi' chiamai Tony e gli dissi se poteva fare le operazioni attraverso le carte di credito. Lui mi rispose che non si poteva e che per fare l’acquisto ci voleva denaro contante. Tentai di fare arrivare denaro contante ma non vi riuscii. Anthony mi ringrazio' comunque. Fu questa l’occasione in cui ripetutamente ebbi l’opportunita' di parlare con Dale. Domanda: Lei sa perche' Anthony non poteva utilizzare le sue carte di credito? Risposta: Certo lo so molto bene. Domanda: E perche'? Puo' spiegarcelo? Risposta: Penso perche' le carte erano state utilizzate fraudolentemente e oltre il limite, sicche' erano state bloccate. Domanda: Conosce il nome di chi le aveva utilizzate fraudolentemente? Risposta: Si'. e' un uomo di origine tedesca. Si chiama Thomas Knott. Abita sotto casa mia a Williams Island e spesso si attarda in piscina. E cosi' che l’ho conosciuto. Domanda: Che lei sappia, Anthony sospettava che fosse Knott l’autore delle frodi? Risposta: Anthony mi ha detto: «In tutta la mia vita non ho mai utilizzato l’American Express e adesso mi trovo addebitate somme per trenta o quarantamila sterline. L’unico che puo' aver fatto questo e' Tom». Questo accadde prima di partire insieme a Montecarlo. Forse volete sapere qualcosa di piu' circa questo episodio? Domanda: Certamente. Prego. Ha sete? Vuole un po’ d’acqua? Risposta: No grazie. Ne ho ancora un po’ nel bicchiere…e allora Anthony mi comunico' che le carte di credito erano state utilizzate fraudolentemente da Thomas Knott e io gli dissi che doveva subito denunciare ogni cosa. Egli mi rispose che non c’era alcun problema perche' si fidava di Knott e questi aveva promesso che avrebbe restituito il denaro. Gli dissi che non poteva fidarsi del Knott perche' non aveva un solo centesimo in tasca. Ma Anthony si mostro' risoluto e sicuro che vi sarebbe stata la restituzione delle somme. Dissi testualmente: «Ma come puoi essere cosi' ingenuo?». Devo poi segnalarvi che questa era la seconda volta che Knott truffava Tony. Domanda: Conosce in quale modo Thomas riusciva ad ottenere numeri e informazioni che gli permettevano di eseguire la truffa? Risposta: Per le volte che ho qui rassegnato posso dire che era facile per il Knott avere accesso ai documenti ed informazioni personali di Pike visto che la prima ed anche la secoda volta che venne, vivevano insieme nello stesso appartamento. Domanda: E sulla base delle sue conoscenze questo era diventato un problema per Dale? Risposta: Beh… divenne anche un problema di Dale quando egli entro' in contatto diretto con il problema. Infatti ci fu un momento in cui Knott avrebbe dovuto pagare con la carta di credito che Tony Pike gli aveva dato quindici giorni prima l’importo del biglietto aereo di Dale dall’Australia a Miami e da Miami ad Ibiza. Tony ricevette ad Ibiza una chiamata del figlio che gli diceva di essere bloccato all’aeroporto in Australia perche' non risultava l’emissione del biglietto. Mi informai e compresi che i biglietti non erano stati emessi perche' la carta di credito, sulla quale gli importi dovevano essere addebitati, era stata bloccata per mancanza di fondi. Domanda: Si trattava della carta di credito di Anthony o di Dale? Risposta: No. Non so nemmeno se Dale possedesse una carta di credito. Si trattava della carta di credito di Anthony. Dicevo che mi accorsi che l’unico modo per permettere a Dale di partire dall’Australia era quello di fare io stesso i biglietti utilizzando la mia carta di credito ed inviarli con un corriere della Federal Express. Per far questo ci volevano due giorni, ossia il tempo materiale che dagli USA i biglietti potessero arrivare in Australia. A quel punto dissi a Tony che non occorreva piu' che Dale venisse a Miami ma che sarebbe potuto arrivare direttamente ad Ibiza. Domanda: Ma perche' Dale avrebbe dovuto venire a Miami? Risposta: Perche' Dale stava lavorando nella pubblicita' e in cose similari ma gli affari non andavano bene. Cosi' Anthony gli chiese – e chiese a me cosa ne pensassi – di utilizzare il suo lavoro nell’albergo ed io convenni che il suo lavoro avrebbe potuto risultare utile per molte delle necessita' dell’albergo. Domanda: Dove avrebbe dovuto soggiornare… Doveva stare con Knott? Risposta: Non comprendo… Domanda: Stiamo parlando di quando doveva venire a Miami. Risposta: No, no. Doveva rimanere a Miami per un paio di giorni e poi tornare ad Ibiza. Domanda: Allora dove doveva stare a Miami per quei giorni? Risposta: Con il signor Knott. Domanda: Benche' sapessero che lui… Risposta: Lui non lo sapeva in quel preciso istante.
Domanda: A
quel tempo non si sapeva… sa quando fu?
Domanda:
Meta' gennaio? Risposta: Perche' e' questa la sua abilita', altrimenti non farebbe il genere di cose che fa? Domanda: Quale genere di cose fa? Risposta: Le stesse cose che usava fare qualche tempo fa. Abbiamo poi scoperto che Knott era stato detenuto per tre anni in Germania proprio per il reato di truffa. Domanda: Le chiedo: perche' non ci dice tutto quello che sa di Thomas Knott? Ha gia' detto che e' stato in prigione. Cos’altro sa? Risposta: Si'. Posso procedere in ordine cronologico. Come ho gia' detto, ho conosciuto Knott perche' abitava un piano sotto di me, nello stesso immobile. Era una persona affabile, gentile e con lui passammo alcuni mesi senza problemi. Non mi interessava ne sapere se avesse denaro o meno. Un giorno, quando gia' avevo conosciuto Tony, quest’ultimo mi disse che Knott era stato in carcere in Germania. Ma Tony aggiunse che si era trattato di un errore giudiziario e che in seguito aveva cambiato stile di vita. Domanda: Viveva con qualcuno? Era sposato?
Risposta:
Apparentemente si sposo' per ottenere la cittadinanza americana. Risposta: Sapete, dalle mie parti si dice che “le bugie hanno le gambe corte”. All’inizio Knott mi chiese del denaro dicendomi che aspettava dei pagamenti dalla Germania 2-300 mila dollari che non arrivavano. Mi fece vedere dei documenti e io gli credetti. Ogni volta mi chiedeva 400/500 dollari. Pensai, mio Dio, questo vive a Williams Island. Solo per stare qui, ogni mese, ci vogliono almeno cinquemila dollari… non potevo non credergli. Gli diedi il denaro. Ma dopo averlo ricevuto mi ripeteva la stessa storia. Che era pronto a restituirmelo, che gia' i suoi soldi erano arrivati, che era solo una questione di poco tempo… Cosi' gli dissi di smetterla con le menzogne gli dissi proprio cosi': «Perche' mi menti? Perche' lo fai?». Lui mi rispose che era veramente imbarazzato ma che non dovevo pensare di lui in quel modo. Ma mia moglie che, come tutte le donne ha una speciale percezione delle cose… Domanda: La chiami pure istinto… Risposta: Bene, istinto… Lei mi disse: «Chico, stai lontano da quella persona, non vedrai mai piu' il tuo denaro… stagli lontano. Ho presentimenti brutti». Quello fu il momento in cui cominciai a vedere le cose in modo diverso. Fu quello il momento in cui cominciai a prendere distanze. Pero' e' difficile prendere distanze da qualcuno che vive sotto casa tua e che vedi ogni giorno. Cosi' mantenni le relazioni… Domanda: Restitui' mai il denaro? Risposta: Parzialmente. Venne da me e mi disse che aveva un orologio d’oro. Gli dissi che non lo volevo. Mi restitui' successivamente solo una parte minima del prestito. Vorrei, solo per descrivervi la personalita' del Knott, segnalarvi che la sua casa era sempre frequentata da gente un po’ strana. So che le persone non possono essere giudicate dal loro aspetto esteriore, pero' posso dirvi che uno tra questi era particolarmente sospetto. Era un uomo d’affari italiano che suppongo si chiamasse Mauro Lazzini e non era il solo. Tutta questa gente viveva a Williams Island senza avere un soldo… e' questa era in se' gia' una grande stranezza… Domanda: Mi lasci comprendere, signor Forti, insomma questa Williams Island deve essere veramente esclusiva piu' di ogni altra… si guidano auto molto costose, le case rifinitissime… Che auto guidava Thomas Knott? Risposta: Prendeva spesso in prestito la mia auto. Domanda: Scusi, non comprendo… come mai prestava a Knott la sua auto? Risposta: Non aveva un’auto sua e per questo utilizzava la mia. Ricordera' che in precedenza ero stato io a dire a Tony che il Knott non possedeva il becco di un quattrino. Verificai questa circostanza personalmente nella banca dove Knott aveva i suoi conti. Domanda: Come faceva lei a conoscere dove Knott aveva i suoi conti correnti? Risposta: Perche' sono stato cosi' stupido da averlo presentato alla mia banca, la City Bank. Mi diceva che aveva tanti soldi, centinaia di migliaia di dollari, ma poi dalla banca mi telefonarono dicendomi che non aveva il becco di un quattrino e che gli chiudevano le linee di credito. Non mi resto' che chiedere scusa alla City Bank. Domanda: e' vero che Knott possedeva una barca? Risposta: Sapevo che era socio di qualcuno che poi lo ha estromesso. Il socio si chiamava Steve Bacardi. La barca era un off-shore di colore rosso. Domanda: Mi dica: Knott sapeva che Tony stava arrivando a New York? Risposta: Sapeva che entrambi stavano arrivando. Non so come ne fosse a conoscenza ma era molto bene informato. Sapeva che prima sarebbe arrivato Dale a Miami e che successivamente sarebbe arrivato Anthony. Infatti mi chiamo' e mi disse: «So che Dale sta arrivando e anche Anthony sta arrivando, cosi' possiamo arrangiare le cose con entrambi». Risposi che si', le cose erano da arrangiare ma soprattutto che lui doveva restituire il denaro che aveva preso perche' io, stavolta, non avrei garantito per lui. Knott mi disse che era sua intenzione rendere tutto il denaro che aveva preso. Queste furono le sue parole. Domanda: Come avrebbe fatto a restituire il denaro? Risposta: Bisogna dire che, nello stesso modo ed in quegli stessi giorni, Knott aveva truffato un altro connazionale tedesco. Si chiamava Hartman. Gli frego' circa 150/180 mila dollari tra contanti e carte di credito. Ma fu scoperto. Domanda: Le chiedo: pensa che Knott abbia qualche responsabilita' nell’omicidio di Dale? Risposta: Non penso che sia un assassino. Pero' ho parlato con mia moglie e le ho raccontato gli accadimenti. Lei mi ha detto: «Ascolta, Chico, torna a casa perche' non mi sento sicura». Ecco perche', adesso, mi sono deciso a dirvi tutto. Voglio proprio andare nei dettagli, perche' io vivo qui: perche' abito sopra di lui e adesso comincio a vedere le cose sotto una luce diversa. Knott e' stato in prigione e adesso non ha un passaporto valido. Domanda: Ha un passaporto falso?
Risposta: Non un passaporto falso. So
che il suo e' scaduto ed ha organizzato quel
matrimonio per poter rimanere
negli States. Domanda: Le chiedo: pensa che Knott abbia qualcosa a che fare con la scomparsa di Pike?
Risposta:
Non lo so, lui era molto informato. Io avevo fatto il biglietto. Le
uniche persone a conoscenza dell’arrivo erano Dale e Anthony, Jane
Fredericks e Tony, l’impiegato dell’hotel di Ibiza, la guardia di
siurezza dell’hotel stesso, mia moglie ed il mio avvocato… Questa e'
l’unica riflessione che posso fare. Era previsto che arrivasse… Non
voglio essere coinvolto. Risposta: Prima che Dale arrivasse Knott mi chiamo' perche' voleva che andassimo a prenderlo insieme. Domanda: Quella mattina? Risposta: No. Non quella mattina… Domanda: Sabato? Risposta: Sabato… sabato… Domanda: Venerdi'?
Risposta: L’arrivo di Dale era stato
confermato da almeno due o tre settimane.
Si trattava di un biglietto che era stato fatto allorche' avevo lasciato
Ibiza e vi era fissata una data. Dale doveva stare qui a Miami per una
settimana, celebrare il compleanno di Anthony, celebrare il mio
compleanno, fare una cosa in grande e,
quindi, ritornare ad Ibiza e cominciare la sua
collaborazione. Domanda: Ha detto qualcosa a proposito di una malattia? Risposta: Anthony Pike e' stato molto malato per tre anni e stava quasi morendo. Domanda: Che tipo di malattia aveva? Risposta: Una malattia che distruggeva l’apparato immunitario. A Dale fu data una terapia sbagliata per il padre. Si salvo' in tempo perche' ritornato ad Ibiza un medico locale riusci' a diagnosticare la vera malattia. Lentamente, nel giro di sei mesi, si ristabili'. Pero' adesso deve sottoporsi a cure costanti. Domanda: Conosce il motivo della lite tra Dale e suo padre Tony? Risposta: Penso che tutto nascesse a causa del lavoro. Tony e' una persona assai precisa, e' attento, non sciupa il denaro ed e' un lavoratore instancabile. Per questo motivo desidero essergli socio in affari. Qualunque cosa egli faccia la fa bene. Probabilmente tutto il contrario di Dale che in albergo era piu' interessato alle donne e ad altro. Ho letto sui giornali che qualcuno ha parlato di Dale come di un omosessuale. Non penso fosse omosessuale… Domanda: Era omosessuale? Risposta: Non era omosessuale. Domanda: Lei aveva mai incontrato Dale? Risposta: No. Mai. Domanda: Non puo' dirci le sue sembianze fisiche? Risposta: No. Non ho nessuna idea. Posso dirvi la descrizione che mi fece Anthony. «e' proprio come me, soltanto piu' giovane». Domanda: Mi lasci capire. Tony non le ha fatto vedere una sua fotografia? Risposta: No. Sono io che l’ho vista in albergo. Ma era una fotografia di quando era giovane. Domanda: Ci spieghi. Quali erano i progetti di Dale una volta arrivato a Miami? Risposta: Dale aveva in progetto di arrivare, rilassarsi, stare uno o due giorni fino all’arrivo di suo padre. Anthony e Dale dovevano venire insieme, pero' per problemi di lavoro o altro le cose non andarono cosi'. Anthony doveva rimanere un paio di giorni in piu' ad Ibiza e disse a Dale, che aveva il biglietto confermato per una settimana di vacanza prima di iniziare a lavorare, di partire per Miami che l’avrebbe raggiunto uno due giorni dopo. Domanda: Con quale aerolinea Dale raggiunse Miami? Risposta: Volo' con Iberia. Sicuramente sulla tratta Madrid/Miami. Domanda: A che ora l’aereo doveva arrivare? Risposta: Non ricordo, ma il volo doveva arrivare mezz’ora o quaranta minuti ma in realta' arrivo' in ritardo. Domanda: Si ricorda in quale giorno Dale doveva arrivare? Risposta: Domenica. Domanda: Ricorda la data? Risposta: Non ricordo la data. Mi ricordo che era lo stesso giorno perche' io dovevo andare a prenderlo, portarlo a casa e andare di corsa a Fort Lauderdale per prendere mio suocero e i due figli. Come vede avevo la casa piena. Domanda: Domenica, 15 febbraio le suona corretto? Risposta: febbraio, 15… Si', mi suona corretto. Domanda: Da dove proveniva suo suocero? Risposta: Mio suocero? Da New York con Sun Jet Air, dal La Guardia. Domanda: Ando' lei a prelevare Dale in aeroporto? Risposta: Mio suocero? Domanda: No. Dale… Risposta: Dale… Sono andato all’aeroporto. Ho atteso, ho atteso almeno due ore. Mi sembro' dapprima facile. Poiche' non conoscevo Dale, avevo pensato che se fossi andato proprio nell’area vicina al banco delle informazioni turistiche avrei potuto scrivere un cartello con il suo nome e in questo modo mi sarebbe stato facile riconoscerlo. «Se tu guardi i suoi occhi vedrai i miei». Dale mi aveva detto che bastava che immaginassi suo padre piu' giovane per riconoscerlo. Cosi' guardavo tutti quanti negli occhi. Suo padre mi aveva detto che indossava una giacca di pelle e che era la sua esatta copia. «Vedrai, Dale e' preciso a me». Domanda: Di che colore era la giacca di pelle? Risposta: Non posso ricordare esattamente. Guardai ogni persona. Domanda: Cos’altro avrebbe dovuto indossare secondo la descrizione? Risposta: Non so proprio. Mi si disse solo della giacca di pelle. Arrivai un po’ tardi. Anche il volo era in ritardo e cosi' rimasi a lungo vicino ad una giovane signora tedesca, vicino al banco delle informazioni turistiche. Chiesi proprio a quella signora: «Ha visto uscire qualcuno?» mi rispose che non sapeva perche' il volo era arrivato circa quindici minuti prima e che ci voleva anche un’ora, un’ora e mezza per sbrigare le pratiche di frontiera. Ricordo che rimasi li' fino all’ultimo pensando che si trovasse all’interno dell’area doganale. Domanda: Sta parlando di quella che viene chiamata “zona di sicurezza”? Risposta: Si'… nella zona di sicurezza perche' credevo che uscendo potesse vedermi subito, cosa questa che sarebbe stata la migliore. Cosi' la signora mi chiese: «Con quale compagnia e' il suo volo?» ed io le risposi che stavo solo aspettando un amico. Cosi' facendo e stando da solo nell’area di attesa cominciai a chiamare Dale al pager (sistema di ricerca persone a voce). Le prime volte che effettuai il pager mi fu risposto che era troppo presto e che dentro l’area di controllo doganale l’annuncio vocale di ricerca non era avvertito dai passeggeri. Chiesi di effettuare ancora una volta l’annuncio indicando il luogo in cui mi trovavo ad attendere. Chiamavo, chiamavo e chiamavo ancora. Alla fine mi dissero che forse lo avevano localizzato e che stava uscendo. Cosi' mi diressi verso l’uscita, nella direzione opposta a quella dalla quale provenivano i passeggeri per guardarli tutti mentre venivano verso di me. Chiedevo, chiedevo, chiedevo ma nessuno mi rispondeva. A quel punto utilizzai di nuovo il pager anche fuori dall’aeroporto. Mi si rispose che dovevo rientrare nell’area interna del gate perche' solo in questo modo aveva un senso la chiamata vocale che richiedevo. Cosi' tornai indietro, ma non c’era. Nel frattempo il mio ritardo si accumulava e mia moglie mi chiamo' sul telefonino dicendomi che era veramente risentita, perche' avevo trascurato l’appuntamento con suo padre che veniva a trovarci una volta all’anno, per andare a prendere Dale. Le dissi di non preoccuparsi che sarei arrivato in tempo. Cosi' decisi di chiamare l’Hotel Pikes ad Ibiza ma mi rispose una segreteria telefonica, la' era circa mezzanotte. Lasciai un messaggio: «Ascoltate, fatemi un piacere. Se Dale dovesse contattare qualcuno di voi, ditegli di chiamarmi sul mio portatile o a casa ed io saro' pronto ad andarlo a prendere, perche' io non posso aspettarlo oltre. Devo andare a prendere mio suocero e due bambini». Cosi' andai via e ritelefonai a mia moglie dicendole di stare a casa perche' ero sulla via per Fort Lauderdale e che se (Dale) avesse telefonato avrebbe dovuto dirgli di prendere un taxi e giungere a casa. Mia moglie mi disse che non vi era alcun problema. Cosi' andai a Fort Lauderdale a prendere mio suocero. Tornammo. Nessuna novita'. Cercai di chiamare nuovamente l’Hotel Pikes ad Ibiza ma nessuno rispose. Era sempre in funzione la segreteria. Si fece molto tardi e cosi' attesi la mattina successiva per telefonare. L’indomani, ancora una volta, mi rispose la voce elettronica della segreteria. A quel punto presi mio suocero ed i suoi bambini e andammo a comprare piccoli giocattoli presso il negozio “Toys R Us”. Tony mi chiamo' e mi disse: «Hai lasciato un messaggio, mio figlio non e' li'?». «No, non e' qui, Tony, non ha chiamato». Cosi' mi disse: «Chico, io so che e' un irresponsabile ma non lo e' fino al punto da non chiamare». Ed io gli risposi: «Ma sei proprio sicuro che fosse su quel volo? Era proprio sul volo da Madrid?». Mi rispose: «Non posso essere sicuro ma mi ha chiamato circa quindici minuti prima dell’imbarco e a soli pochi minuti dalla partenza… di questo sono sicuro». Dissi: «Chiama Iberia, purtroppo non danno informazioni di quel tipo a chiunque. Chiama e tienimi informato. Verifica se per caso e' arrivato in modo diverso. A mio avviso dovresti fare una denuncia e forse la Polizia o l’Interpol possono capire esattamente cosa sia accaduto». Gli dissi proprio cosi' perche' Tony mi aveva detto che Dale non aveva un solo centesimo in tasca. Forse aveva dieci dollari. Dale era senza un soldo. Cosi' gli replicai che non era un problema questo perche' con me Dale non aveva certo bisogno di soldi. Continuai a telefonare il giorno successivo sempre senza successo e fino a quando Tony mi disse: «Sono molto preoccupato». E io dissi: “ Ascolta, ti faccio il biglietto per venire subito a Miami…” (…)
Domanda: Quanto
denaro ha dato a Pike per le azioni dell’hotel?
Risposta:
Si'. Ogni cosa da me
detta e' la verita'. Continua...
Le
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