LA STORIA
Fino a qualche giorno fa ero nel mio bellufficio di Torino a sbrigare pratiche,
quando è arrivata una telefonata: Si è liberato un posto, vieni?
Ed eccomi qua su questo aereo con direzione Palermo. In verità non volevo partire, la
meta non mi attira molto ma ho pensato: tra lo stress e la Sicilia, proviamo la
Sicilia! Ehi! quello laggiù è il mare, siamo quasi arrivati. Però! ... Il panorama non
è male: golfi, monti, un isolotto....
Questo è quello che pensavo durante il viaggio, la primavera scorsa, quando i miei amici
mi invitarono a seguirli in quell isola a me sconosciuta. Appena scesa dalla
scaletta dellaereo mi sentii investire da un profumo intenso, una ventata di
idrogeno e ossigeno, era il profumo del mare capace di aprirti il cuore, la mente, il
respiro. Non cè di che stupirsi: difatti laeroporto si trova molto vicino la
costa e così capita che la natura ti saluti sia quando parti che quando arrivi. Chissà,
forse lhanno costruito lì per questo. Fatto sta che quello fu il mio primo impatto
con questa terra e da allora è stato un continuo crescendo di sorprese.
Ancora oggi non mi spiego perchè, invece di andare subito a Palermo, abbiamo fatto
un altro giro, ma di sicuro so che ne è valsa la pena.
Dallaeroporto ci siamo allontanati verso Trapani, percorrendo la statale.
Seguendo opportune stradine, siamo arrivati su una lunghissima spiaggia sabbiosa con dune
e vegetazione tipicamente mediterranea. Il mare era azzurrissimo e invitava a
raggiungerlo. Preferimmo proseguire e ci addentrammo in un paese ricco di murales e
sculture, Balestrate.
Procedendo arrivammo a Castellamare, antico borgo medievale, dove decidemmo di fermarci
per il pranzo a casa di un amico: bel ragazzo, alto, sguardo intelligente e pronto alla
battuta. Passammo il resto della giornata lì facendo un bel giro in barca a contatto col
trasparente e accecante elemento acqueo. Alla nostra vista si presentarono pareti rocciose
che scendono sul mare, scavate dallincessante vento e dallimpeto furioso del
mare dinverno. Ci trovammo così a visitare grotte marine, a tuffarci nelle acque
della riserva dello Zingaro,ricco di tesori biologici.
Ritemprati dalla stanchezza del viaggio, il giorno dopo, ci rimettemmo in cammino anche
perché il tempo a nostra disposizione era poco e le cose da vedere e da fare erano tante.
Il nostro ospite ci accompagnò a vedere, a suo dire, un vero spettacolo di natura e
storia umana. Lunica cosa che allora sapevo é che stavamo addentrandoci tra le
montagne in posti in cui non si incontravano né cancelli, né barriere, né persone, ma
strade e percorsi che seguivano il naturale andamento geologico. Le classiche strade che
ti invogliano ad andare a cavallo o a fare una gita in bici.
Dopo aver superato parecchi piccoli agglomerati
rustici, che sembravano delle vere case coloniche dalle quali a volte si affacciavano
timidi campanili, giungemmo a Segesta. Lincontro con il tempio, che solo e possente
si erge nella sua interezza nellimmensità del paesaggio, confesso che mi lasciò
sbigottita. Strana costruzione con strane colonne, uniche nel loro genere perchè prive di
scanalature. Colazione al sacco, visto che il sole era ancora alto, ci avventurammo in un
una performance di trekking e salimmo al teatro; piccola cavea che si apre
sullestesa vallata. Ispezionammo tutta la zona, ricca di testimonianze
archeologiche. Quando scendemmo per tornare alla macchina, si era già imbrunito il cielo
e le luci del tempio erano accese. Solitario gigante splendente tra il mare
bruno delle colline, era come aver fatto un salto nel tempo, ceri solo tu e la
civiltà era lontana migliaia di chilometri nello spazio e nel tempo.Si era già fatta
sera e il nostro ospite ci invitò a fare ancora qualche chilometro, convinto che poi lo
avremmo ringraziato. Ci mettemmo in cammino verso Trapani. Credevamo che avremmo passato
la notte lì e invece ecco che, arrivati alle porte della città, il nostro amico cambiò
improvvisamente strada e salimmo, salimmo sopra una montagna. Eravamo giunti a Erice. La
mattina successiva, spalancando la finestra della nostra camera dalbergo, ci
trovammo davanti uno spettacolo bellissimo: si vedevano il mare, Trapani, le saline, le
Egadi, la spiaggia di San Vito. Dallalto del monte, che é anche sede di un
importante centro studi per la fisica, dominavamo tutta la costa. Avevi voglia di
lanciarti con un deltaplano giù fino ad arrivare, dopo aver volteggiato tra cielo e nubi,
a toccare terra. Il tiepido sole aveva diradato la nebbia e il paese ci appariva in tutta
la sua poesia. Quanta gente, soprattutto stranieri, affollava le stradine. Cortili
fioriti, splendide chiese e anche un castello a strapiombo sullinfinito.
Approfittammo delloccasione e ci tuffammo nel couscous, nelle granite alla mandorla
e nel meraviglioso universo della pasticceria siciliana Avrei voluto stare lì ancora.
Tornammo a viaggiare e finalmente giungemmo a Trapani, piccola città vivibile, circondata
dal mare da tre lati, che sente il mare a tutti i costi. Passando vicino o lontano dal
porto cerano mare, banchine, pescatori in una realtà che ci appariva sospesa tra
modernità e arretratezza. Ci venne in mente che in quella zona, a Marsala,cerano le
cantine Florio, le famose saline e lisola di Mozia, che si dice sia raggiungibile a
piedi dalla terraferma, così ci facemmo accompagnare in quei luoghi. Avevo sempre visto
nelle riviste i famosi mulini del sale. Costeggiando il litorale queste costruzioni
sembravano elevarsi sul nulla; sotto il mare, sopra il cielo. Anche le persone sembravano
camminare sulle acque. Poi scoprimmo che la nostra non era stata solo unimpressione
infatti lì lacqua é veramente bassa per moltissimi metri e le sabbie del fondale
marino sono a tratti caldissime. Ci dissero che quello era lo Stagnone,
spettacolare zona marina protetta da alcune isole che chiudono il golfo, dove la
tranquillità e la natura sono (quasi) padrone. Restammo lì per la cena. Decidemmo di
fermarci anche per la notte.
La scoperta di questa terra mi appassionava sempre più.
Partimmo la mattina presto verso la valle del Belice, colpita dal terremoto del 1968 e che
ancora oggi porta le tracce di quei tragici momenti.
Il territorio si presentò collinoso, dolce, coltivato a grano, viti e ulivi. Ogni tanto
una casa isolata. Ci fermammo a Gibellina, città distrutta e oggi ricostruita in altra
sede. Città vuota, fantasma dove non si incontra nessuno. Una grande stella ci accolse.
Ci mettemmo alla ricerca delle opere monumentali di Uncini, Pomodoro, Paladino, Cascella,
Consagra...e scoprimmo che essendo un paese tutto nuovo é uguale a se stesso in ogni sua
parte. In questo modo, pur sembrando di essere sempre allo stesso punto, si scoprivano
luoghi sempre diversi. Dopo tanti giri ci accorgemmo che allappello mancava il
Cretto di Burri. Uscimmo così dal paese e ci incamminammo per stade sinuose, dalle quali
ogni tanto il suono di un trattore o il belare di un gregge, si levava e ci raggiungeva.
Quando ecco ci apparve allimprovviso, tra case diroccate, lenorme massa bianca
in blocchi di cemento che colava giù da una collina. Era lui, lavevamo
trovato.Trovammo il cretto, con le sue strade e i suoi percorsi , interamente
aggredito dalla natura. In quel territorio nato come cimitero spirituale del
vecchio paese, risorgeva la vita. Dopo aver percorso a piedi e col fiatone lopera,
tornammo in macchina e proseguimmo per Palermo. Un colpo docchio notevole.
Chilometri di giallo, verde, rosso; tappeti derba che come il mare, si muovevano col
continuo spirare del vento, e tra questo mare alberi solitari, rocce, gruppi
di case, monasteri logorati dal tempo. Man mano che ci avvicinavamo a Palermo il paeseggio
cambiava, a destra montagne rosse, a sinistra lo scintillio del mare leggermente
increspato dalla brezza primaverile. Riconobbi lisolotto che avevo visto
dallaereo, e mi accorsi della presenza di una torre di avvistamento. Il nostro
ospite ci informò che eravamo giunti a Isola delle femmine, che quella costruzione
diroccata faceva parte di un fitto sistema di controllo e difesa delle coste risalente ad
epoca saracena, anche se quelledificio in particolare risaliva al 1600 circa e che
presto saremmo giunti nel capoluogo. Dopo la tranquillità e la bellezza dei luoghi appena
visitati, limpatto con la città fu traumatizzante. Traffico, caos. Palermo si
rivelava senza dubbio una città strana, multietnica. Nobile signora decaduta che cerca di
mantenere un aspetto signorile con lorgoglio delle proprie radici. Di Palermo una
cosa lho capita: é unisola nellisola. Tante culture diverse, dalla
normanna allaraba, dalla tedesca alla spagnola e dallafricana alla filippina,
vivevano e vivono oggi come ieri nel suo tessuto urbano. Però che strano, nel mio
immaginario Palermo non era mai stata una città tanto piena di verde, colori e vita,
soprattutto notturna, tanti locali, tanta gente. Dopo una giornata passata a fare il
tradizionale giro turistico che comprendeva le chiese, il lungomare, i secolari ficus
avvolgenti, la cattedrale, il teatro Massimo , vicoli e vicoletti con i mercati dai mille
suoni, profumi e colori, il percorso delle antiche ville dei colli, il parco della
Favorita, i palazzi nobiliari e il duomo della vicina Monreale. Il nostro amico ci portò
a Mondello che ci spiegò essere stato un borgo marinaro poi residenza délite
allinizio del secolo, con splendide ville liberty, e ora rinomata località
balneare. Ci andammo da Montepellegrino, dominatore buono della città, dove visitammo il
santuario di Santa Rosalia, scavato nella roccia le cui stalattiti sembrano le ali di
migliaia di Angeli... La strada panoramica che percorre il monte permette una visione
spettacolare del golfo di Mondello. Fu in questa cornice calda e dai colori intensi che
vedemmo il mare solcato da mille vele e, sulla spiaggia, aria di festa. Arrivati al
piccolo borgo fummo investiti da una grande folla, canti, musica, sports e allegria. Mi
spiegarono che era in corso il Windsurf World Festival,
il giorno tanto sport, competizioni, la notte spettacoli. Non ci facemmo scappare
loccasione. Ci tuffammo nella mischia tra il calore della festa.
Una settimana ricca di appuntamenti come: tornei di beach volley, regate veliche,
traversate in canoa e poi concerti in spiaggia e la coinvolgente regata notturna
conclusasi con i giochi pirotecnici. Conoscemmo diversi atleti provenienti da molte parti
del mondo che ci raccontarono di essere stati accolti con grande cortesia e
professionalità dallAlbaria windsurfing Club che si occupa da sempre della
manifestazione. Erano entusiasti e ci dissero che per loro lorganizzazione aveva
pensato anche a dei giri turistici, e che erano stati alloggiati nei migliori alberghi.
Entrammo nello Stabilimento balneare in stile liberty che, come una palafitta, si trova
proprio a mare ed è la base logistica dellintera manifestazione. Ledificio
appena restaurato si offriva a noi in tutto il suo spendore. La strada antistante era
arredata ad area pedonale aperta al pubblico e con stands espositivi. Ci sembrò di essere
stati catapultati nel paese dei balocchi. In quella cornice mi ricordo di aver pensato che
avevo fatto proprio bene a scendere in Sicilia.
LA FINE
Credo di aver preso tutto compreso il biglietto dellaereo. Tra qualche ora sarò a
Palermo e questa sera, in compagnia dei miei amici, mi troverò al belvedere di
Montepellegrino dal quale, nel buio della notte, le stelle del cielo sembrano fondersi con
il luccichio delle lampare in mare. Nel silenzio della sera i grilli cantano e la città
risplende con le sue tante luci. Ho ancora tanto da vedere e tanto da scoprire: Taormina,
Catania, Agrigento. La Sicilia é grande ma io ho il tempo che mi basta. |