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Pubblicazione iscritta il 26/03/1983 al n.10 del Registro della Stampa presso il Tribunale
di Palermo Direttore:
Vincenzo Baglione
Tutti i diritti sono riservati
E-mail: albaria@tin.it
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L'OPINIONE di
Germano Scargiali ALLA RICERCA DI SOLUZIONI
CONCRETE
Porti turistici in un mare di contraddizioni.
E' difficile dubitare sullimportanza che lo sviluppo del turismo nautico
potrebbe avere per il Meridione e la Sicilia. Eppure, sotto gli occhi di tutti, rimane il
notevole empasse in cui versa il settore.
Tutto si è
detto, ma anche il suo contrario, sullargomento, che risulta difficile, al pari di
tante altre realtà nelle quali i problemi tecnici si accompagnano a quelli economici,
politici ed umani, in un contesto sociale, che è il risultato di mille esperienze
passate, in unarea geografica dove mille popoli si sono alternati. A volte,
tuttavia, sembra che Greci e Bizantini abbiano lasciato le tracce maggiori.
Queste premesse appaiono necessarie perché riteniamo che lunico modo di ragionare
sul problema dei porti sia quello di procedere per "flash" successivi e, se
possibile, progressivi sotto il profilo logico.
Ci proveremo, poiché il semplice mutare di un personaggio, o lo spostarsi di pochissimi
chilometri, a volte di poche centinaia di metri, nella nostra frastagliatissima realtà,
fa mutare i presupposti logici e logistici del discorso.
1) Lungo le coste italiane, la legge è "disuguale per tutti". Ogni Capitaneria
di porto emette la propria ordinanza ed, in conseguenza del fatto che la costa ed il mare
differiscono di luogo in luogo, ognuna di esse può differire anche notevolmente
dallaltra. Enorme è il potere che, di diritto e, di fatto, le Capitanerie
esercitano con
una libertà così piena che, quasi sempre, degenera nellarbitrio. La sconfinata
"prudenza" nel concedere i permessi, da parte delle Capitanerie, è uno dei
massimi ostacoli che si sono frapposti fra la necessità e la volontà di costruire porti
ed approdi turistici e lattuale carenza.
2) A posteriori, quando si parla di mancanza di porti turistici nel sud si addita la
mancanza d'imprenditorialità. Ciò, che poterebbe essere verosimile, costituisce invece,
un falso storico bello e buono. Quando, in provincia di Palermo, di Catania, di Siracusa,
di Trapani o di Agrigento, sono stati più volte predisposti progetti e reperiti
i fondi per finanziarli da parte di imprenditori intraprendenti, questi ultimi hanno avuto
modo di pentirsene, rimettendoci anche le spese progettuali. Le Istituzioni pubbliche, i
comitati di paese o di quartiere, le solite Capitanerie, hanno opposto veti ufficiali,
imbastito resistenze passive, basate prevalentemente su silenzi e mancate risposte entro,
ed oltre, il reato di omissione datti di ufficio. Altri soggetti interessati hanno
provato allora a sollecitare inviando lettere di protesta e via dicendo, ottenendo l'unico
risultato di vedere tutto bloccato.
3) Esistono poi opposte opinioni, che contrastano la nascita dei porti: i verdi li
ritengono lesivi della tutela del paesaggio e gli ecologisti li giudicano inquinanti, i
pessimisti li giudicano antieconomici, gli ottimisti troppo lucrosi e fonte di facili
guadagni.
4) In Sicilia, la Regione non ha mai indicato con quali modalità intenda assegnare le
possibili aree del demanio marittimo, sul quale ha avuto assegnati i più ampi poteri.
E come se fossimo proprietari di un bene di immenso valore e non curandoci di darlo
in affitto, rinunciassimo così agli enormi guadagni che se ne potrebbero trarre.
5) Cè chi ritiene poi indispensabile la presenza dello Stato (lunico
responsabile del "nulla", o quasi, esistente) in questo settore, e chi sostiene
invece che lo stato debba solo concedere e controllare, rimanendo quanto più possibile
fuori dalla gestione, da iniziative e simili.
6) Altri vedono di buon occhio la presenza delle cooperative, delle associazioni no profit
e, persino, delle nuove "onlus" (ma che centrano?) ed altri, al contrario,
accusano le realtà no profit di essere una pura ipocrisia, un inganno allo stato, al
fisco e alla stessa morale, ritenendo che di "profit" deve trattarsi, come per
ogni altra libera attività in campo turistico ed imprenditoriale. Dovrebbero, allora,
essere "no profit" anche gli alberghi?
7) Cè chi sostiene sia immorale che privati gestiscano beni pubblici traendone
profitto, e chi fa notare che lunico problema è piuttosto quello di stabilire
canoni demaniali adeguati. Cosa che il Governo spesso ha già saputo fare, laddove,
nonostante tutto, sono nati i porti e gli approdi turistici.
8) Cè chi afferma, sia in Sicilia che fuori, ad esempio a Milano (vedi la rivista
Vela e Motore), che nel Meridione, Sicilia compresa, non vi siano porti turistici. Non è
vero: al recente 3° Salone nautico di Genova, la Sicilia ha presentato, presso il proprio
stand regionale e nel corso di un riuscitissimo convegno, lAssopat (associazione
porti ed approdi turistici) costituito da otto porti, guidati dal Marina di Villa Igiea e
da Portorosa. Quando la Liguria ne ha presentati solo 7, riuniti in associazione non
ancora regolarmente costituita dal notaio.
9) Cè chi sostiene che di porti turistici non ve ne sia quasi nessuno e chi
sostiene che ve ne siano già troppi, chi sostiene che si possa risolvere il problema
attrezzando lesistente e chi sostiene che solo costruendo da zero dei veri porti
turistici si possa battere la concorrenza straniera (che è fortissima).
10) Cè chi sostiene infine la necessità di costituire unagenzia nazionale
"per i porti turistici", sotto la guida del Governo, e cè chi sostiene al
contrario che debbano moltiplicarsi le attuali associazioni regionali o di zona,
collegandole con una associazione di secondo e più alto livello, che sia il risultato di
un'opera "dal basso", portata avanti dagli imprenditori del settore: gli unici
in grado di conoscere la realtà di una problematica tanto nuova ed inedita, come quella
del turismo nautico. Non dimentichiamo che le normative in vigore non sono chiare, e che
solo la "Legge quadro" afferma sommariamente che anche il turismo nautico è
"turismo". Tale assunto viene tutt'oggi negato e a volte dichiaratamente, altre
velatamente, ignorato dalla Pubblica Amministrazione.
Concludendo, cè un filo logico fra tutte queste contraddizioni? Forse ce nè
più di uno. Si possono trarre delle conclusioni in grado di indicare le vie da
percorrere?
Nonostante tutto, crediamo di si.
La salvezza può giungere, principalmente, per due strade.
1) La sana imprenditorialità individuale, che già sta emergendo in questo settore, il
quale si profila, finalmente, remunerativo in modo adeguato.
2) Linvasione silenziosa e, a volte, chiassosa, dei turisti nautici lungo le nostre
coste. Che lo vogliamo o no il turismo nautico, lo yachting, ha iniziato a raggiungerci in
modo massiccio, un pò come i barbari calarono dal nord e dall'est sull'impero romano e
nessuno potè fermarli. Un pò come gli extracomunitari sbarcano dal mare o sfondano i
confini dell'Italia e dell'Europa e nessuno potrà fermarli. Anche perchè, nonostante
tutto, abbiamo bisogno di loro, delle loro braccia, delle loro menti, e persino della loro
cultura e della loro civiltà. Nel caso dei turisti nautici, nessuno dubita che abbiamo
bisogno di loro, come di ogni altro turista. Specie dalle nostre parti. |
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